Vuoi vedere un controllore, arconte, voladores? – (… Cosa vuol dire fare qualche sessione con ZeRo?)

Premessa: questo è l’ultimo articolo che scrivo su queste piattaforme. In futuro il mio materiale sarà disponibile soltanto sul mio store (qui) oppure su altre piattaforme come Ko-fi (qui) e Patreon (qui). Presto fornirò maggiori dettagli.

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Ogni tanto ricordati che fai schifo

Il valore di un lavoro dipende dal valore di ciò che si produce.
Tu cosa produci ogni giorno, di concreto?
Di concreto, ogni giorno, produci chili di merda.
Questa è l’unica cosa che puoi dire di produrre senza ombra di dubbio.
Tutto il resto – tutto ciò che fingi di fare nel circo sociale – è un finto plusvalore.
Di base produci solo escrementi.
Ma non solo con il corpo, anche con la mente.
Non bastano gli stronzi del corpo, ci devi puntualmente aggiungere anche le stronzate della tua mente, del tuo ego, del tuo ridicolo personaggio sociale.
Se almeno ti fermassi agli stronzi del corpo sarebbe già abbastanza. Ma no, ti vuoi spingere oltre, vuoi aumentare la tua importanza personale aggiungendo inutili chili di stronzate concettuali, psicologiche, emozionali, affettive, sentimentali, culturali, religiose, spirituali.
L’unico motivo per cui il tuo ego potrebbe sentirsi offeso è che stai coprendo i prodotti naturali del tuo corpo con dei prodotti innaturali, con della merda cognitiva che è molto peggiore di quella biologicamente prodotta dal corpo.
Se provi a scavare sotto i chili di stronzate del tuo intelletto, e se provi a indagare bene il contenuto dei tuoi pensieri quotidiani, scoprirai che in effetti produci soltanto stronzate, dici soltanto stronzate, fai soltanto delle stronzate.
Sbaglio?
Comunque la cosa davvero schifosa è il fatto che non ti limiti a produrre stronzate concettuali, ma poi difendi tutte quelle stronzate soltanto perché sono uscite dalla tua bocca o perché sono state prodotte dalla tua testa di cazzo.
Questo atteggiamento è come credere che la merda del proprio corpo sia migliore dalla merda del corpo altrui.
Una stronzata rimane pur sempre una stronzata, anche se la produce il tuo idolo preferito, il tuo Guru di riferimento, il Papa, il Dalai lama o l’uomo più santo al mondo.
Se vuoi un consiglio per ridurre la tua schifosa importanza personale, segui questo consiglio: ogni giorno, al mattino, prima di iniziare a produrre le tue solite stronzate, ricorda a te stesso quanto fai schifo.
 
(ZeRo)
 
Per ridurre la tua schifosa importanza personale puoi contattarmi qua: https://risvegliodalsogno.wixsite.com/risveglio

Il tuo ego è un cagnolino scassacazzi… smettila di farlo ringhiare

Una buona analogia per rappresentare l’ego è quella del cagnolino.

L’ego è come un minuscolo chihuahua che rompe costantemente i coglioni.

L’ego abbaia sotto forma di pensieri, giudizi, ragionamenti, preoccupazioni.

L’uomo comune confonde l’abbaiamento interiore dell’ego con la propria voce, i propri pensieri, i propri bisogni, la propria volontà.

La prerogativa dell’ego-cagnolino, e dunque della mente ordinaria identificata con quello scassacazzo interiore, è l’incazzatura perpetua. Basta una cazzata per farlo incazzare. E in un mondo del cazzo è normale incazzarsi. Il problema è non capire che si tratta appunto di una cazzata.

Esempi di cazzate per cui l’uomo (o la donna) comune s’incazza quotidianamente: la moglie battona, il marito drag queen, il figlio gender-fluid, la nipote lesbica, il vicino guardone, il Papa pedofilo, il medico ipocondriaco, e chi più ne ha più ne metta.

In un mondo così come si fa a far finta di nulla?

Lo sbotto di indignazione viene impulsivo, soprattutto nel caso di un individuo molto orgoglioso, permaloso, suscettibile, irascibile, irritabile; e l’ego è un concentrato di irritabilità suscettibilità, permalosità, vanagloria.

Il guaio sorge quando si dà corda a quel cagnolino incazzoso e poi si passa la vita a ringhiare.

Ringhiare con la nonnina sorda in fila per la pensione, ringhiare per lo storpio che attraversa le strisce pedonali, ringhiare per la signora che si trucca al semaforo, ringhiare per il ritardo della consegna Amazon, ringhiare per il cambiamento climatico; ringhiare per il caro-benzina; ringhiare per la bolletta luce-gas.

Ognuno di voi ha un modo di ringhiare tutto suo; c’è chi sbraita all’improvviso, chi bestemmia ogni giorno, chi fa finta di niente e si tiene tutto dentro fino a scoppiare, facendosi venire un ictus.

Provate a individuare il ringhio del vostro ego;  in che modo viene manifestato, in quali circostanze emerge, con quali persone, in risposta a quali circostanze, per difendere o per dimostrare cosa, per guadagnare o per risparmiare quanto denaro?

Vi conviene tenere a bada quel ringhio da cane rabbioso o da cagna in calore perché quel sintomo è come un’infiammazione che può acutizzarsi e a lungo andare vi danneggia, vi indebolisce, vi instupidisce, vi rincoglionisce più del dovuto, ed è difficile essere più coglioni dell’uomo (o della donna) comune, ma se vi impegnate ce la potete fare.

Qualcuno potrebbe prendere questi consigli per un atto di altruismo e pensare:

“Oh, grazie ZeRo, come sei caritatevole”.

… No, vedi amico mio, io lo faccio per evitare di sentire il tuo alito puzzolente nel caso dovessi incrociarti e sentirti ringhiare; oppure per evitare di leggere commenti inutili, domande banali, richieste di amicizia da gente insulsa, giudizi isterici pronunciati da cani rabbiosi o da cagne in calore.

(ZeRo)

Per sessioni individuali contattatemi (senza ringhiare) al modulo: https://risvegliodalsogno.wixsite.com/risveglio

GREGGE SPIRITUALE

La società ha una risposta per tutto.
E se le sue risposte fossero vere, allora almeno una discreta percentuale della popolazione sarebbe auto-realizzata, o per lo meno disincantata.
Non sono uno che esce molto, non interagisco molto con il gregge umano, ma l’ultima volta che ho controllato la gente non mi sembrava minimamente disincantata, figuriamoci auto-realizzata.
Avevo provato anche a sbirciare nelle comunità spirituali, ma anche lì la percentuale di individui disincantati era bassina, quasi nulla.
Come mai?
Beh, per quanto riguarda la società la risposta è scontata: il suo scopo è produrre incantesimi, non romperli; come può vendere i suoi prodotti se nessuno crede ai suoi prodotti?
Fin lì (quasi) tutti ci arrivano.
Ma caspita, le comunità spirituali…?!
Pensavo che là in mezzo facessero sul serio, ma alla fine erano gli stessi ridicoli personaggi sociali, con una nuova maschera, alla ricerca del prossimo prodotto, della prossima credenza, del prossimo incantesimo.
E proprio come nella società, nelle comunità ho notato che le risposte fornite ai ricercatori erano prescrizioni “impotenti”. D’accordo non spingerli al disincanto, ma fregarli fino al punto da non fornire neppure semplici soluzioni o fino a renderli più impotenti (e più rincoglioniti) di prima era davvero ridicolo.
Vedevo l’impotenza nei loro occhi, sentivo l’impotenza nelle loro domande al Maestro, e percepivo impotenza perfino nelle risposte del Maestro stesso.
Lì tutto divenne palese: Maya aveva semplicemente assunto altre sembianze. La comunità di turno era solo la società sotto mentite spoglie; non era qualcosa di diverso, con un non so che di peculiare e trascendentale; era proprio la copia esatta – solo con nuovi nomi, nuove credenze, nuovi prodotti, nuove storie, nuovi leader, nuove groupies, nuovi profeti, nuove pippe mentali.
Entrambe le strutture (quella mondana e quella spirituale) erano tenute assieme da due fattori: l’impotenza (appresa) e l’incantamento dei suoi discePolli.
Non mi stupirebbe ritornare in mezzo a loro e vedere le stesse pecore di molti anni fa, disorientate, perse, incantate, incatenate o incastrate proprio nella stessa struttura da cui volevano uscire. E non potranno mai uscire in quel modo perché non si tratta di una struttura visibile, ma di una struttura invisibile, energetica.
Il disincanto è davvero un dono raro e prezioso… c’è chi l’ha ricevuto miracolosamente e c’è chi testardamente non lo accetterà mai.
(ZeRo)
Per sessioni individuali scrivete al modulo contatti: https://risvegliodalsogno.wixsite.com/risveglio

Fatti un favore… levati dal cazzo

Qualche giorno fa ho fatto un piccolo trasloco per aiutare un’amica. La signora in questione doveva spostare solo qualche mobile per cui mi sono messo brevemente a sua disposizione. Mentre spostavo la roba notavo l’estrema apprensione della signora. Monitorava ogni mio micro-movimento. Tutto doveva essere perfettamente in ordine. E fin qui nulla di male. Il problema è sorto quando la signora pretendeva di fare ciò per cui mi aveva contattato. Voleva fare ciò che non poteva fare, rischiando di farsi del male da sola. Ad ogni mio movimento seguiva una sua inutile reazione, un intralcio involontario dettato dai soliti ingredienti che dettano la condotta dell’uomo comune: presunzione, ansia, agitazione, preoccupazione, inquietudine. E più cercava goffamente di aiutarmi (ad aiutarla), più ostacolava l’aiuto che aveva richiesto.

Lei voleva davvero aiutarmi (ad aiutarla). Ma il suo aiuto, in questo caso, era totalmente inutile, controproducente.

Ogni due per tre le dovevo dire:

Non metterti li davanti

No, neppure lì

Spostati, per favore

Lascia stare, ci penso io.

Etc.

L’esempio della signora è un’ottima rappresentazione del concetto di ego, del senso dell’io, dell’importanza personale.

Traslando l’esempio possiamo dire che questa è la stessa dinamica tra voi e l’Universo, tra il vostro piccolo gps (goffo personaggio strillante) e il grande GPS (Grande Presenza Silenziosa o Grande Potente Spirito), tra ciò che vorreste ottenere e ciò che fate per ottenerlo.

Di solito non vi rendete conto che ciò che fate è l’ostacolo principale che si frappone tra voi e il vostro scopo.

E anche se smetteste di fare quello che fate di solito rimarrebbe comunque ancora un ostacolo, un ostacolo più sottile: il vostro modo di pensare. Ma non è finita lì. Anche se riusciste a pensare diversamente, a pensare positivo, o a smettere proprio di pensare, rimarrebbe un ulteriore ostacolo, ancora più sottile del precedente: il vostro modo di percepire, le tendenze residue che si sono accumulate negli anni.

Insomma, qualunque mossa facciate siete fottuti. Questo è il destino della coscienza addormentata. E non potrebbe essere altrimenti in quella condizione di incantamento o rincoglionimento.

Il buffo è che non lo fate apposta; siete talmente storditi dal riflesso mentale di voi stessi che non ve ne accorgete proprio.

Non vi accorgete che siete l’intralcio a ciò che vorreste perseguire.

Non vi accorgete che vi state quotidianamente auto-sabotando.

L’Universo, quando tenta di darvi un supporto, nota che intralciate il flusso cosmico, e allora vi dice:

Per favore spostati

Indietreggia un altro po’

Fermati

Lascia stare

Guarda che se rimani lì ti fai del male

Non interferire, lo dico per il tuo bene.

Se proprio siete recidivi, l’Universo  usa un tono meno pacato:

Stai zitto e aspetta il tuo turno.

Cretino, non rompere i coglioni, non sei tu a dettare le regole.

Oh, coglionazzo, non hai ancora capito che ti devi levare dalle palle?

Purtroppo, a volte, quello diventa l’unico modo di comunicare con la vostra mente e farvi capire che voi siete la vostra stessa interferenza.

La signora alla fine si rese conto delle sue interferenze e si fece da parte per lasciarmi spazio.

La stessa cosa dovrebbe fare la vostra mente: dovrebbe rendersi conto che a volte – quasi sempre – si dovrebbe togliere dai piedi, mettersi da parte e lasciare spazio a qualcosa d’altro.

Dovete rendervi conto che il 90 % delle vostre azioni, delle vostre parole, dei vostri pensieri, dei vostri ragionamenti, delle vostre emozioni, dei vostri sentimenti, delle vostre iniziative, non servono a un emerito cazzo. Si tratta semplicemente di comprendere che state intralciando voi stessi. Quando vi sarà chiaro il modo in cui vi state costantemente sabotando, la smetterete spontaneamente, senza che ve lo debba dire uno psicoterapeuta, un prete, un Maestro, un guru spirituale.

Tutto ciò che dovete fare è non-fare, fare di meno, o per lo meno dovete rompere meno i coglioni a voi stessi e agli altri.

Fate un favore all’Universo… levatevi dal cazzo.

(ZeRo)

Per sessioni individuali contattatemi (senza ringhiare) al modulo: https://risvegliodalsogno.wixsite.com/risveglio

Ma non mi vergogno? … No, non mi vergogno.

Sapevo di stuzzicare l’ego di qualcuno con le mie stupide frecciatine, ma non credevo che bastasse così poco per mandare su tutte le furie qualche lettore. So di non rispettare i canoni di una guida spirituale altruista che si offre gratuitamente al ricercatore di turno e neppure i canoni di un bravo (educato, diligente) essere umano, ma non credevo che qualcuno prendesse davvero sul serio il mio ridicolo personaggio e se la prendesse per ciò che scrivo. Di seguito riporto una delle recenti interazioni virtuali. Si tenga conto che il 50% delle interazioni hanno questo tono; un motivo in più per stuzzicare i ridicoli personaggi che bazzicano da queste parti.

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Visitatore: Buongiorno volevo sapere come poter avere trattamenti personali. Grazie 

ZeRo: Ciao,

L’idea sarebbe quella di fornire un supporto ai lettori del sito. Se hai solo qualche dubbio e vuoi farmi soltanto un paio di domande chiedi pure; se invece vuoi fare qualcosa di più strutturato, fatto su misura a seconda della tua situazione, delle tue esigenze, problematiche, richieste, allora propongo delle sessioni di mezzoretta circa per 20€ cadauna.

A presto.

ZeRo.

Visitatore: Si ce l’ho una domanda:

MA NON TI VERGOGNI? Se ti servono soldi vai a lavorare o chiedi l’elemosina. Che miseria…Grazie per le risate. (Ma chi vuoi far fesso?).

Pietà…

Comunque se ti servono 20€ non hai che da dirlo senza sta pagliacciata, vediamo…posso fare una colletta. Ecco possiamo intitolarla “Un morto di fame vuole far fessi gli altri (in Italia!!!), diamogli qualcosa. Servirà al buon gusto generale impedirgli di scrivere quel monte di cazzate da megalomane in delirio onnipotente. Così com’è è inguardabile, osceno, pietoso.

Ah coso, ma ripigliati che stai a fare delle figure che di peggio è difficile.

Ringrazia va

ZeRo: Prego, anche per gli ebook gratuiti che hai scaricato, evidentemente non ti fa proprio schifo il mio materiale. Della serie sputiamo sul piatto… Comunque piacere mio. Ciao carissima.

Visitatore: Vedi io sto scrivendo un documentario su ciarlatani spirituali, gente più valida di te, se ci tieni a finire in TV allora ti citerò. Se vuoi inviarmi altro materiale lo studieremo per creare una piccola clip anche per te (il deliro megalomane è così chiaro e risibile che potrebbe avere dell’attenzione da parte della commissione, ma ne dubito perché alla fine sei di una tristezza assoluta. Ecco a me fai una compassione assoluta, costretto a far figure barbine così… sono anni che studio i pagliacci italiani e non solo, e se vuoi migliorare ti darei dei consigli sicuri per strappare i soldini a gente che dovrebbe andare dallo psicologo. Per esempio se non ci metti nome cognome e faccia non farai un euro, stai sicuro, se altrimenti lavorerai sodo ripetendo le tue stronzate tutti i giorni, prima o poi arriveranno tanti bei soldini, non 20€. Devi puntare in alto, non importano i contenuti, ma certo devi eliminare quell’atteggiamento spocchioso, maleducato, volgare. Chiedi molto di più per quel poco che sai dire, ma devi essere simpatico, leccaculo delle vecchie suonate, non aggressività o iattanza. Insomma io ho molto da offrirti: vuoi apparire in reti nazionali, vuoi un consulto su come non morir di fame, vuoi ridurre l’importanza che ti dai rendendoti ridicolo? Son qua io carissimo. E ci sarò anche, come mi è già successo con tuoi colleghi italiani, quando mi confesserai di non poterne più, quando dirai che te ne vuoi liberare ma di non esserne capace. Comunque il consiglio che ti do è di lasciar perdere, muovere energie porta conseguenze difficili da gestire e le complicazioni anche legali sono imprevedibili. Un mestiere normale, l’elettricista per esempio, mi sembra più consono anche al tuo periodare popolare, sguaiato, maleducato. Quando vorrai ringraziare sarà ben accolto, nel frattempo ti auguro di liberarti da quell’Ego impazzito che ha imbrattato fin troppo.

ZeRo: Bel periodare. Adoro il tuo stile. In fondo devi essere una persona simpatica perché mi hai strappato un sorriso . 😆 A presto, chiunque tu sia .👍

Visitatore: Scusa a propostio tu ti valuti un Nagual? sei stato iniziato da qualche tradizione? sei un maestro spirituale? o sei uno straccione che cerca di fregare qualche soldino agli sprovveduti? che tenerezza mi fai!

Vedi, caro maestro spirituale, in Italia ci sono professionisti estremamente competenti riconosciuti ovunque, in questo panorama spunti tu, arrogante, cialtroneria, pezzente. Per pietà sparisci che mi viene da vomitare.

Etc.

Ha continuato così per un po’ (e probabilmente continuerà per diverso tempo)… Vi risparmio l’inutile lettura degli altri messaggi. Non bastavano gli stalker, ci volevano i paladini della giustizia virtuale.

 

Bambole Gonfiabili ripiene di “sé””me”

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Prendo spunto da una risposta data a un lettore per sparare al volo due cazzate non-duali.

La frase in questione è la seguente: Se cerchi una sostituta non-duale (cioè vuota di sé) puoi provare con le bambole gonfiabili. Poi la riempi con il tuo “se”-“me”.

La mia risposta era un modo non molto velato per giocare con il concetto di seme e quello di “sé” o di “me”.
La bambola gonfiabile piena di sé-me è una metafora dell’uomo comune.
La bambola gonfiabile vuota di sé è una metafora dell’autorealizzato, ma può simboleggiare anche la condizione di innocenza di un neonato privo della benché minima traccia di orgoglio.
 
L’uomo comune è talmente pieno di sé che non può mai trattenersi; deve necessariamente evacuare il proprio seme; deve mettere dappertutto il proprio sé, il me, l’io, il proprio nome, il proprio volto.
Ogni occasione è buona per l’eiaculazione dell’io. Lo deve ficcare dappertutto perché vuole venire in mente a tutti.
Tutto ciò che l’uomo (o la donna) comune tenta costantemente di fare è sforzarsi di eiaculare e inseminare ogni cosa con il proprio sé, con il proprio ego, con il proprio orgoglio, con la propria vanagloria.
Il livello di autoreferenzialità (pomposità, importanza personale) è talmente elevato, indecente, schifoso, che ogni esperienza, ogni relazione, ogni amicizia, ogni conversazione, ogni gesto, ogni parola, è un’opportunità per sborrare un po’ del proprio sé-me, farlo assaggiare a tutti, lasciare il segno.
In questo modo, eiaculando copiosamente se stesso, facendo proliferare il suo ego, spera di poter dare continuità alla propria misera storia personale. Non si accorge che dando continuità al suo schifoso sé-me sta soltanto dando continuità alla propria testa di cazzo e alla propria sofferenza.
Crede che il suo piccolo sé-me sia prezioso, importante, utile, e invece è soltanto un lurido, appiccicoso, ripugnante parassita.
Alcuni cercano di far fuoriuscire il sé-me per questioni venali, per sigillare un rapporto lavorativo, per mostrare quanto sono performanti, superiori, migliori, eccezionali, straordinari, unici (come se l’erezione e l’emissione di liquido seminale fosse motivo di vanto); altri lo fanno per non sentirsi inferiori, per socializzare, integrarsi, conformarsi, competere con un altro sé-me; altri ancora credono di farlo per amore, altruismo, filantropia, bontà, generosità.
Poi ci sono i ricercatori spirituali che cercano un Maestro autorealizzato, cioè un bambolotto gonfiabile vuoto di sé, per inseminare anche lui con le loro squallide menate esistenziali.
Seme qua, sé-me là, alla fine è tutta una sega mentale dopo l’altra, dove ognuno vuole insegnare la grandezza del proprio minuscolo sé-me.
Se posso darti un consiglio, prova a trattenere il tuo sé-me.
(ZeRo)

Per fortuna sono troppo pigro per fare il ricercatore spirituale

La Beatitudine appartiene a quell’individuo sommamente pigro per il quale anche il chiudere o l’aprire gli occhi rappresenta un atto completamente inutile – Ashtavarkra Gita.
Parecchi anni fa, quando mi fingevo un ricercatore spirituale, contattai una comunità spirituale che si incontrava regolarmente a Livorno. Gli incontri avvenivano d’estate, in una zona vicino al mare. Con poco più di 100 euro avevi vitto e alloggio, più altri servizi accessori. Non mi lasciai sfuggire l’occasione.
Il mio scopo era principalmente quello di farmi una settimana al mare, nella speranza di incontrare qualche giovincella prosperosa da sverginare (sverginare spiritualmente, s’intende), e stare in compagnia di qualche hippy desideroso di alterare la coscienza con qualche molecola dello spirito (Dmt, Ayahuasca e compagnia bella). Presto mi dovetti ricredere: la droga non era vista di buon occhio, anche quando si trattava di una sostanza secreta in modo naturale dal corpo stesso.
Nel giro di qualche settimana mi sgamarono alla grande.
Arrivavo in ritardo alle sessioni meditative, mi perdevo il discorso del Maestro, non mi facevo coinvolgere dalle altre attività.
Avevano scoperto che “mi fingevo” un ricercatore, ma non sapevo di essere talmente imbranato da fallire anche in quel compito. Il punto non è che non sapevo fingere di credere nella ricerca spirituale, ma che non riuscivo a fingere di credere in nulla; è stato così per tutta la vita. Non ho mai creduto a nulla di ciò che facevo. Ciò che facevo mi sembrava faceto. E questo non per depressione, insicurezza, dubbi esistenziali, crisi sentimentali. No, tutt’altro. Avevo soltanto avuto la sfortuna (o fortuna) di riconoscere l’ipnosi collettiva, ciò che in seguito ho definito sogno planetario. Nel tempo ho trovato termini come disincanto e Risveglio che hanno dato un senso al mio senso di estraniamento dal sogno. Non ero io a non capire o a non credere; era ciò che mi circondava ad essere ridicolo, insensato, non credibile.
Ma all’epoca non potevo mica spiegare a quella gente che per me si trattava di un sogno, o che per me loro, incluso il Maestro, erano soltanto dei ridicoli personaggi onirici. Dopo avrei perso tutti i privilegi di quella vacanza spirituale.
Anche se mi avevano sgamato dovevo fingere di essere davvero interessato alle sessioni di meditazione, alla lettura dei Veda, alle riflessioni degli altri ricercatori, ai commenti del Maestro. Alla fine la mia perseveranza nel fare il bravo ricercatore venne ripagata: ad ogni colazione, pranzo e cena c’era da leccarsi i baffi, con roba squisita, genuina, fatta in casa.
La giornata che ricordo più di tutte fu quella in cui il Maestro accese l’incenso e chiese a tutti i partecipanti di chiudere gli occhi per iniziare una sessione di meditazione.
Tutti avevano gli occhi chiusi.
Tutti tranne me, ovviamente.
Mentre i mantra accompagnavano l’inspirazione e l’espirazione, io mi guardavo attorno. Mi godevo l’atmosfera mistica. Guardavo il volto serio, concentrato, imperturbabile, di alcuni meditatori. Altri non erano proprio concentrati perché russavano, però magari si trovavano interiormente nel quarto stato del Turiya. Mentre esploravo la sala incrociai involontariamente lo sguardo del Maestro. Anche lui aveva gli occhi aperti. Accidenti, mi aveva sgamato di nuovo. Chissà se stava meditando ad occhi aperti o se si era semplicemente distratto.
Terminata la sessione cominciò il consueto giro di domande e il primo che interrogò fu il sottoscritto.
Mi chiese:
Come mai non hai chiuso gli occhi?
Sei uno dei pochi che medita ad occhi aperti.
Non sarebbe meglio tenerli chiusi per aumentare la concentrazione?
La mia risposta fu:
Per me non fa differenza.
Un’illusione ad occhi aperti vale come un’illusione ad occhi chiusi.
Credo che il Maestro non la prese bene, o forse era stupito dalla risposta, e dopo una breve pausa, ribatté:
“Vuoi provare a fare il Maestro? Vuoi venire tu a sederti al mio posto?”
Non sapevo se la sua era una domanda retorica, se era un complimento alla mia osservazione sull’illusorietà del mondo visto ad occhi aperti/chiusi, o se era soltanto la prima cosa che gli era saltata in mente.
Conclusa quella settimana cominciai a scrivere le bozze dei miei primi libri, e mentre spulciavo qualche testo spirituale, il mio occhio cadde su una frase dell’Ashtavraka Gita:
“La Beatitudine appartiene a quell’individuo sommamente pigro per il quale anche il chiudere o l’aprire gli occhi rappresenta un atto completamente inutile.”
A quanto pare, anche se mi fingevo un ricercatore spirituale, ci avevo visto giusto… E quella pura consapevolezza non ha richiesto nessuno sforzo, nessuna sessione meditativa, nessuna iniziazione, nessun mantra propiziatorio. Soltanto un puro disincanto.
Forse avrei dovuto accettare l’invito del Maestro.
Tanto cosa cambia tra fingersi ricercatore e fingersi Maestro?
Entrambi sono soltanto ridicoli personaggi animati dalla credenza nel sogno planetario.
Che figata il disincanto.
( ⱫɆⱤØ )
Per fingere una sessione con il sottoscritto scrivete al modulo contatti di questo sito: https://risvegliodalsogno.wixsite.com/risveglio

La sindrome del me è peggio della sindrome di Down

Vicino a casa mia c’è una ragazzina Down.

Quasi ogni giorno esce in cortile, sale sull’altalena che le hanno costruito appositamente per lei, si dondola e comincia a cantare a squarciagola.

Il suo ritornello preferito è: Tanti auguri a me, e la torta a me…

Lo fa per divertirsi, senza crederci, senza credere al me – o credendoci come si crede a una stupida canzone.

Potrebbe soffrire della sindrome di Down, ma forse non soffre della sindrome del me.

L’uomo comune invece soffre gravemente della sindrome del me.

Spiegare a quella ragazza che il me non esiste forse sarebbe più facile che spiegarlo a un normale essere umano. Scommetto che quella ragazzina lo capirebbe al volo, molto più velocemente di quei tossici che frequentano le comunità spirituali.

Una volta rotto l’incantesimo probabilmente lei non ci penserebbe più, e al massimo lo considererebbe come un ritornello. Comunque non rappresenterebbe un problema. Si dimenticherebbe di quella storia.

E l’uomo?

L’umo è fottuto dal me.

L’uomo si sente dannato dal me.

Per lui non è un semplice ritornello ma un’ossessione: me, me me, io, io, io, mio, mio, mio.

Il normale essere umano è proprio un gran coglione!

Drastico?

No, realistico.

Non che me ne freghi molto di quella persona, comunque mi fa più tenerezza quella ragazzina rispetto a tutti i presunti ricercatori spirituali che ripetono la solita solfa, ripropongono le stesse domande, praticano, baciano i piedi di un santone, fanno donazioni, cantano mantra propiziatori e scaramantici.

Propiziatori per chi?

Ma per me, ovvio.

Tutto viene fatto solo ed esclusivamente per quel dannato me.

Almeno quella ragazzina cantava con innocenza, senza credere al me, senza la sindrome del mio me. L’uomo comune invece soffre davvero della sindrome del me, del voglio tutto per me, a modo mio, a mio favore.

Ma quell’imbecille non solo ci crede; poi vuole smettere di crederci.

Se smette di crederci, egli crede, “poi  smetto di soffrire, mi illumino, mi autorealizzo, realizzo i miei sogni”.

Ma stiamo al gioco. Fingiamo che non ci creda più,  e che si limiti a cantare il ritornello del me come la bambina Down. Dopo però i sogni non si realizzano e il dispiacere non se ne va. Allora egli crede: cazzo, non ha funzionato, allora tanto vale credere ancora in me.
Come se il credere o non credere nel me facesse differenza.
Come si fa ad essere più cretini di così?

L’uomo comune si merita proprio di soffrire in quel modo.

Sono proprio contento di non aver mai lenito la sofferenza dei ricercatori che ho incontrato…

(  ZΣЯӨ )

L’illuminazione spirituale è un suicidio dell’io (assistito da Dio), senza antidolorifici

Sembra diffondersi sempre di più un approccio terapeutico in salsa non-duale, incastrato abilmente in qualche sessione di gruppo o in qualche resort del benessere spirituale.
Come se l’illuminazione fosse una prescrizione medica.
O come se ci fosse un farmaco per farti accettare ciò che il tuo ego non vuole accettare.
Questa roba dell’illuminazione non ti coccola, non ti massaggia, non ti guarisce, non ti consola – come vorrebbero far credere alcuni guru.
La ricerca della Verità non ti rende libero.
Lei non aiuta nessuno: è assolutamente neutrale, imparziale, e un pelino menefreghista.
La persona si aspetta una coccola, e poi si ritrova un colpo al cuore; avviene una reazione allergica perché Essa è totalmente indigesta, insopportabile, intollerabile per l’intelletto.
Non è accettabile.
Applicare l’illuminazione in terapia è come portare una bomba a mano in clinica e chiedere al paziente di togliere la sicura. Quella si che sarebbe una terapia d’urto!
In un colpo solo spazzerebbe via tutti i problemi.
Altro che la frode di Freud…
Se dovessi spacciare questa roba dell’illuminazione e associarla a qualcosa d’altro, la assocerei a un percorso di suicidio assistito o di eutanasia, ma senza antidolorifici!
Quasi quasi apro una clinica o un ashram per il gusto di vedere la faccia disgustata dei provetti illuminati mentre vengono accompagnati alla morte.
 
☠ ʐɛʀօ