RASATI A ZERO E SCIOGLIERAI TUTTI I NODI ESISTENZIALI

Metafora dei nodi come problemi quotidiani.

Trascorriamo la maggior parte della nostra vita a districarci tra innumerevoli difficoltà.

E’ tutto un grattacapo.

Come possiamo sciogliere in un colpo solo tutti questi nodi?

RASANDOCI A ZERO!

Sembra una fesseria, ma da un punto di vista psicologico (quindi esistenziale) la rasatura è una procedura potentissima, pari a concetti come quello di realizzazione, liberazione, illuminazione, risveglio, etc… In un certo senso sono sinonimi.

Rasarsi a zero significa avere un atteggiamento completamente distaccato, indifferente alle infinite scocciature di questo mondo. Ribatterai che fisicamente non è possibile e io ribatto chiedendoti qual è la tua autentica identità. Chi sei tu in verità?

Se credi di essere solo un ruolo sociale che deve adempiere con zelo delle pratiche burocratiche, allora sì, ti do ragione; non ne puoi uscire e continuerai a grattarti nervosamente il capo.

Se non credi di essere un burattino sociale o un contenitore di carne ma qualcos’altro (di cui dovrai fare esperienza da solo), allora ti assicuro che è possibilissimo sbarazzarsi di qualsiasi problema. Puoi liberarti di qualunque cosa: qualunque dilemma (dubbio, incertezza, enigma, ostacolo,) verrà immediatamente risolto, le complessità si semplificheranno,  le seccature non ti irriteranno più, le crisi non ti tocheranno mai più.

Non dovrai più sforzarti di districarti in questa giungla di problematiche poiché sulla tua testa non ci saranno più nodi da sciogliere.

Che senso ha cercare ancora di risolvere problemi quando ormai non hai più problemi?

Devi accorgerti della futilità di questo tentativo!

Se segui questo blog dovresti già sapere in che modo rasarti quindi è inutile che mi dilungo sugli aspetti tecnici…

Proseguo soltanto per offrirvi un’altra analogia. Continua a leggere RASATI A ZERO E SCIOGLIERAI TUTTI I NODI ESISTENZIALI

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ABBANDONARE LE OPINIONI = SVUOTARE LA MENTE

Vivere senza opinioni = non investigare i “perché” = non affrettarti nel giungere a conclusioni = non sforzarti di spiegare la semplice verità = lasciare in sospeso gli interrogativi = ammettere di non poter sapere niente = non assecondare l’urgenza intellettuale di accumulare informazioni = abbandonare i tuoi giudizi = rinunciare alle tue valutazioni = non credere alle storie che senti nella tua testa.

All’inizio ti sentirai come un finto invalido che abbandona il proprio cane, ma in un secondo tempo la tranquillità si siederà al tuo fianco.

Il test per capire se hai davvero abbandonato i pensieri molesti è questo:

Appena vedi/senti qualcosa, ad es. assisti ad un episodio spiacevole, avverti un senso di fastidio oppure percepisci una calma risollevante?

Tendi a rimuginare o te ne dimentichi subito come fosse un’inezia?

Se rimani infastidito e rimugini significa che sei nei panni di quel finto invalido: non può fare a meno di farsi condurre da un cane cieco. L’assurdo è che tu sei il vedente e il cane è cieco.

Se afferri questo messaggio allora cercherai subito di sbarazzarti di quella pericolosa guida (opinioni altrui + tue convinzioni, etc.).

Altrimenti verrai ogni giorno investito da una realtà che il tuo cane mentale non è in grado di vedere.

RIMEDIO ALL’INFATUAZIONE

 

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Amore/brividi/rabbia/allegria sorgono spontanemente (senza perché, dal nulla). In un secondo tempo l’intelletto associa/attribuisce tale sensazione al 1° oggetto visibile/sensibile (es. una persona). Ecco che – a causa di questa involontaria attribuzione di significato – la fonte di quel sentimento non è più il soggetto stesso ma la donna o l’uomo che appaiono come “la donna o l’uomo della tua vita”, “il guru”, etc… Questa incapacità di riconoscersi come la fonte di tutte le sensazioni che emergono nel corpo ha causato da millenni frustrazioni di ogni genere. In pratica il meccanismo di attribuzione psicologica consiste nel conferire delle qualità positive o negative agli oggetti esterni.

Siamo tutti vittime di questo meccanismo, avviene in millesimi di secondi, è micidiale,  tecnicamente non si può intervenire  poiché ciò richiederebbe la capacità di modificare le incalcolabili associazioni neurali che si creano nel cervello. L’unico rimedio efficace è la comprensione “effettiva” di questo meccanismo. Per comprensione intendo un riconoscimento attuale e definitivo. Devi ripensare all’ultima volta che ti sei infatuato di qualcuna e accorgerti che tu e soltanto tu hai attribuito una virtù – una caratteristica speciale – a quella persona e poi ti sei sentito fortemente attratta poiché credevi che vicino a lei ti saresti sentito migliore, appagato, felice. Non è difficile riconoscerlo, però bisogna essere sinceri. Il premio di questo riconoscimento consiste nel non essere più vittima di se stessi, delle proprie attribuzioni improprie di significato.

La sequenza per quanto banale è assai insidiosa:

  • Prima assegni una virtù agli altri (ad un NON-IO)
  • In seguito corri dietro a quella persona o quel’oggetto desiderato (lavoro dei sogni, etc.)
    • –> l’ogg. viene desiderato perché in te c’è la convinzione latente che là (dentro quella persona) ci sia quella virtù (puramente ipotetica,  da te inventata sul momento)
    •   il solo vederlo ti fa venir l’acquolina in bocca –> il cervello ha neuro-associato un intenso piacere a quell’oggetto.
  • In assenza di quella persona – o in termini spirituali in assenza di quella pratica, quell’oretta di meditazione, etc. – ti senti incompleto, inappagato.
  • Ed ecco che ora sei una vittima dell’oggetto desiderato!
    • non puoi letteralmente farne a meno
    • in realtà sei vittima del tuo delusionale processo psicologico, ma a te – essendo ignaro di tale processo – sembrerà di sentirti davvero insoddisfatto perché ti manca quel qualcosa/qualcuno di speciale
      • Magari è una relazione che va avanti da parecchi anni ed ora saresti disposto a sacrificare tutto per Lei o Lui, persino la tua vita.
      • In questo senso la comprensione repentina del tuo stesso auto-inganno ti può letteralmente salvare la vita, evitandoti il tormento del rincorrere per anni un qualcosa che soltanto alla fine scoprirai essere un miraggio.
  • Se non riesci ad ammetterlo e rimani vittima di questa convinzione, il loop andrà avanti all’infinito; è un classico processo di dipendenza.
    • Non avendo ottenuto il tal oggetto desiderato (persona amata) o non avendo raggiunto il tal obiettivo, vai alla continua ricerca di surrogati,  esperienze sostitutive che forniscano una sensazione simile a quella che poteva darti quell’oggetto. Non si tratta di qualche giorno o mese, ma di vite intere trascorse nel tentativo di rincorrere o rimpiazzare una virtù immaginaria. Sorgerà questa meschina giustificazione: “ne vale la pena e comunque è qualcosa di piacevole
    • Non puoi nemmeno immaginare il sollievo che sentirai una volta interrotta questa sciocca abitudine.
  • Si interrompe quando sorge in te il famoso “Aha moment”, cioè quando ti stanchi di questo meccanismo (della frustrazione che ne deriva) e quando ammetti di avergli attribuito un valore eccessivo (come se fosse la cosa più importante al mondo). Il meccanismo si verifica ogni giorno con qualsiasi tipo di emozione. La tua consapevolezza è l’unico antidoto, la lucidità quotidiana ti rende immune a questi meccanismi psico-emotivi.

1500 WAYS TO ESCAPE THE HUMAN JUNGLE

NON SFORZARTI PIU’ DI CAPIRE NULLA E COMPRENDERAI TUTTO

Email con un amico a proposito delle radicali esperienze spirituali:

” Ritengo che nella maggior parte dei casi sia una sorta di euforia indotta da forze di causa maggiore.

La chiamano shaktipat, discesa della potenza divina.

Shock positivo è una definizione azzeccata del processo. E’ un incidente fortunato dal quale ne puoi uscire rinsavito, guarito o immune alle afflizioni che comunemente colpiscono il corpo o la mente umana; alcuni ricevono siddhi, chiaroveggenza, etc.

Quel che manca a numerosi personaggi fulminati dalla Grazia divina è l’equanimità, una visione chiara, realistica e imparziale o come scrivi tu una piena comprensione dei meccanismi sottostanti quei fenomeni.

Nonostante ciò adoro la semplicità dei maestri anonimi oppure la dotta ignoranza di coloro che – quasi fossero muti, ciechi e impotenti – si lasciano trascinare dalle mani pulsanti del sommo bene – senza mai opporvisi fisicamente o intellettualmente: probabilmente manca in loro una conoscenza approfondita di quel che gli sta accadendo eppure alcuni mi danno la sensazione di soave genuinità.

Il loro intelletto sembra assente, l’attività mentale ordinaria quasi sospesa, come in catatonia. Mi vien in mente ramana maharsi il quale passò molti anni in completo silenzio, quasi in coma: lo dovevano persino imboccare perché la sua volontà era praticamente inesistente. Malgrado questa apatia esteriore, dentro di lui fermentava lo spirito. Interiormente sentiva una beatitudine incommensurabile e indescrivibile.

Ecco, credo che di fronte a questa beatitudine anche la capacità di comprensione rimanga interdetta: vi è come un divieto, una soglia oltre la quale l’intelletto non può avanzare e forse non gli conviene, pena il delirio.

Ammetto che questo sembra contraddire l’affermazione iniziale sulla piena comprensione dei fenomeni. Credo che sia un meraviglioso paradosso risolvibile con un chiarimento: piena comprensione è sinonimo di pura percezione – scevra da filtri intellettuali.

Il termine illusione significa in-ludere: “in” = dentro + “ludere” = gioco

Maya “gioca dentro” ciascuno di noi [o forse si prende gioco di noi] mescolando e sovrapponendo infiniti significati, alterando le percezioni soggettive , provocando impressioni individuali e collettive che confondiamo per realtà assoluta, stabilendo leggi fisiche e poi stravolgendo quelle stesse leggi che in precedenza sembravano inviolabili.

Come può la mente razionale giungere a una comprensione in questo marasma di buchi neri, apparizioni-sparizioni, guarigioni o illuminazioni spontanee?

E’ stupefacente la genialità di questa giocherellona cosmica!

Più che comprenderla ci conviene contemplarla, guardarla lucidamente, lasciare che si diverta a intrattenere la psiche delle creature.

I latini dicevano “ab uno disce omnes”, cioè da un avvenimento puoi capire tutti gli altri. In quest’ottica forse la piena comprensione non è necessaria: una volta che ti rendi conto che le regole dell’esistenza vengono inventate sul momento e stravolte il momento successivo, lasci perdere spontaneamente ogni sforzo di razionalizzare qualsiasi evento.

Personalmente è un sollievo non dovermi più spremere le meningi in cerca di significati occulti, leggi metafisiche e straordinarie sincronicità nascoste dietro qualsiasi accadimento, anche il più banale.

Semplicemente non mi metto più a interpretare niente!

Rido, mi meraviglio e STOP… ma di certo non ci ricamo discussioni sopra.

Se si mostrasse Cristo davanti a casa mia non mi scomporrei più di tanto, al massimo lo considererei una simpatica proiezione olografica. Non andrei in giro a raccontare a tutti quel che ho visto. Evito di alimentare quel che alcuni chiamano il demone della dialettica.

Questo atteggiamento (alla portata di tutti) è un favoloso alleggerimento da un sacco di processi mentali (emozioni, aspettative e desideri) che appesantiscono il viaggio della coscienza.

Tutto accade da Sé!

Senza un “perché” metafisico. Appare e scompare. Fine della storia.

Dovremmo imparare ad accogliere quel che appare (il nascituro) e salutare ciò che scompare (morente). Tutto qui. Questo dovrebbe essere l’unico esercizio intellettuale o spirituale.

Nel frattempo, tra un’accoglienza e un commiato, tra un incontro sentimentale e un addio occorre evitare di intellettualizzare l’accaduto, smetterla di attribuire un senso.

Abituiamoci a goderci lo spettacolo smettendola di fare i saccenti opinionisti. La cronaca verbale (tradizioni sacre comprese) produce più caos e sofferenza che altro, poiché spesso distorce ciò che la nostra anima è in grado di percepire direttamente e nitidamente – senza l’ausilio di un’afabeto segreto.

Se hai la dimostrazione di trovarti in un sogno o in un mondo olografico, non ti servono più altre esperienze – praticare, meditare, confrontarti con altri ricercatori, analizzare libri, fare seminari, etc.

Se hai percepito il senso di quell’unica esperienza hai compreso tutto il resto. E’ una verità auto-evidente,  non devi ribadirla mille volte a te stesso o a tutti quelli che conosci. I nostri sensi sono molto più intelligenti di quanto il nostro intelletto non creda. In un certo senso i sensi sanno già tutto, dovremmo solo imparare ad ascoltarli di più e a far tacere il cicerone mentale.

In pratica non puoi non comprendere.

Sarebbe carino se a scuola instaurassero un periodo di vacanza dallo sforzo di comprendere, una pausa di 10 o 11 mesi in cui gli alunni dimenticano quel che hanno artificialmente appreso oppure in cui non si sforzano di capire il mondo ma semplicemente lo percepiscono naturalmente, apprendono da soli ad apprendere. Si accorgerebbero che la comprensione è un processo  immediato/ininterrotto/spontaneo, che non ha bisogno di intermediatori culturali.

Perché mai l’illuminazione o il risveglio della coscienza dovrebbe essere qualcosa di diverso dal normale processo di apprendimento cui il nostro organismo è sottoposto 24 ore al giorno?

Il risveglio è un processo semplice e naturale, è alla portata di chiunque. L’unico ostacolo è la dialettica artificiale con la quale costruiamo i nostri stessi ostacoli immaginari.

Casomai puoi cadere in uno stato di nescienza ( ingenua smemoratezza ), in tal caso ti basta ricordare quell’unica esperienza. Diciamo che solitamente viviamo in uno stato di sbadataggine perenne, distrazione costante; un briciolo di attenzione in più e saremmo tutti dei buddha in carne ed ossa.

Mi vien in mente una riflessione del diario di Marco Aurelio: come sono ingenue e strane le persone che continuano a stupirsi di ciò che accade in questo mondo.”

STAMPELLE SPIRITUALI

di Andrea Panatta –> maghierranti.blogspot.com

Spesso usiamo la ‘spiritualità’ come una stampella a cui appoggiarci. Ci aggrappiamo con le unghie e con i denti a definizioni e concetti come Dio, karma, reincarnazione, spirito e anima, ma in realtà di questi concetti non abbiamo alcuna diretta esperienza. Sono al 90% le favole in cui crediamo. Sono i concetti che abbiamo ereditato dalla tradizione, dai testi, dai nostri guru, da chi ci ha preceduto. Questa era la loro interpretazione della realtà, questo era il loro livello di comprensione. Il nostro livello di comprensione potrebbe non avvicinarsi al loro e allora, piuttosto che tentare di sperimentare dei fenomeni, decidiamo di parlane e di trasformarli nei nostri baluardi. Ho visto centinaia di persone perdersi e stagnare dentro queste definizioni, prendendole per buone e limitando la propria vita perché il ‘guru’ aveva detto questo o quello. Io stesso per anni mi sono nutrito di questi concetti per il semplice fatto di appartenere a una scuola di pensiero o all’altra. Prima o poi però dobbiamo deciderci a lasciare queste stampelle e camminare con le nostre gambe, o non sperimenteremo mai l’intensità e non avremo mai un’esperienza genuina. Lasciare andare questi ‘concetti’ può essere difficile e molto doloroso ma non sarà mai tanto doloroso quanto il continuare a nascondere il proprio essere dietro di essi, mettendoli in bella mostra per far vedere al mondo quanto siamo spiritualmente evoluti. La conoscenza spirituale non è che un mero accumulo di informazioni, di favole da raccontare. È nella realtà che si vede poi dove siamo realmente. Nella capacità di essere pace con tutto. Nell’equanimità. Nell’armonia e nell’equilibrio che portiamo a noi stessi e agli altri intorno a noi. Nella bellezza e nell’ispirazione delle nostre azioni nel mondo. È nella capacità di rinunciare al conflitto, alla violenza, alla rabbia, all’egoismo, nei desideri, nelle parole, nelle azioni e nei commenti su facebook che vediamo dove siamo a livello evolutivo (ammesso che poi esista ‘sto livello evolutivo). Ma noi preferiamo le storie, di certo io le ho preferite per moltissimi anni. Le storie che la spiritualità ci ha raccontato possono essere state un bell’intrattenersi quando eravamo in relax, con gli amici o in quegli attimi di confusione nei quali la vita sembrava sfuggirci di mano. Ma l’essere che siamo non sa davvero che farsene di tutto quel parlare di karma e reincarnazione, di presunti inconsci e mirabili corpi sottili, quando si tratta di metterci di fronte ad una verità. L’essere è 100% pragmatico, mai teorico e tutto ciò che possiamo dirne è e sarà sempre un’approssimazione molto grossolana. “I only know what I can do” diceva Lester Levenson quando parlava ai suoi studenti, per spiegare che parlare di ciò che non si conosce è unicamente uno sfoggio dell’ego.

La domanda che ho iniziato a farmi ad un certo punto è stata “che ne sarebbe della mia ricerca se mettessi da parte tutto quello che so o credo di sapere e tenessi solo quello che ho visto e sperimentato direttamente? Aquante di queste storie potrei ancora credere ciecamente?“. E ancora: cosa posso davvero sperimentare direttamente? Come?”. Da queste domande nasce una ricerca onesta e integrale. Partendo da queste domande possiamo smetterla di raccontarci storie e cominciare a ricercare esperienze dirette e sperimentare intensità.

Forse gettando queste stampelle potremo iniziare a camminare con le nostre gambe.

LA FELICITA’ NON E’ UNA SCELTA… PER FORTUNA

Molte persone mi hanno ripetuto per anni che “la felicità è una scelta”, un qualcosa che dipendeva da me, dalle mie azioni, dal modo in cui interagivo con il mondo esterno… Per molto tempo ho creduto loro e ho cercato di “diventare” felice, sforzadomi di fare “scelte sempre più felici”. All’inizio tutto sembrava funzionare poi però mi resi conto che alcune cose non tornavano. Intuivo un aspetto nascosto, un’informazione essenziale che non mi era stata fornita, una verità che non mi era stata comunicata- non per disonestà ma per ignoranza.

Questa verità che risuonò in tutto il mio essero fu che la “felicità non è una scelta”.

Non è una scelta perché è qualcosa di innato, naturale, non acquisito, non condizionabile né da me né dagli altri. Non c’è un oggetto o una persona che può portarti la felicità. Se la felicità fosse una scelta potrebbe dipendere da chi frequenti, da cosa mangi, dal lavoro che fai.

Per fortuna non è così’. Non dipende dal tuo modo di pensare, di parlare e di agire.

Il modo di pensare-parlare-fare sono soltato degli “abiti” che tu – felicità – puoi indossare.

NON DIPENDE DALLE TUE ABITUDINI.

Se tiri una bestemmia o ti comporti male con qualcuno, la felicità continua ad albergare in te.

Se indossi un cappello con la scritta “sono una depressa sfigata”, la felicità rimane in te.

Diventa una scelta, cioè un qualcosa da raggiungere, quando parto dal presupposto che “mi manca” la felicità. Questo era il presupposto da cui partivano quelle persone che cercavano di darmi un buon consiglio. Ed è sempre a causa di questo pessimo presupposto che quelle stesse persone in apparenza felici si innervosivano quando qualcosa andava storto, quando qualcosa cozzava con le loro scelte. Le loro reazioni mi fecero comprendere che attribuivano la felicità alle reazioni superficiali del loro corpo e non ad uno stato d’essere profondo.

Dimmi che effetto fa questa affermazione: “io, a differenza di te, ho scelto la felicità. Non rimanere uno sfigato, scegli anche tu la felicità

Non senti puzza di ego?

Non sembra uno spot pubblicitario che “vende felicità”?

Sono i tipici slogan che fanno sorgere la domanda: Avrò preso la decisione giusta (felice) o sbagliata (triste)?

Non è un meraviglioso sollievo riconoscere che la felicità non dipende da domande di questo genere?

Non dipende dalla dialettica, da un gesto formale, da un riconoscimento esterno.

E’ splendido accorgersi che puoi essere felice SENZA FARE NULLA.

Raccogliendoti completamente in te stessa puoi avvertire la vera felicità emergere spontaneamente dall’interno, senza doverla scegliere o andarla a cercare da qualche parte.

Non è una scelta perché è qualcosa che si trova dentro, non fuori… E’ qualcosa che ti porti sempre con te, che non ti abbandona mai.

Supponi di trovarti ad un bivio esistenziale e di scegliere di svoltare a destra anziché svoltare a sinistra. La felicità – essendo incorporata nell’organismo biologico – ti segue sia a sinistra che a destra.

Non è una scelta perché “tu sei la felicità stessa”.

Gioisci di questa verità: SEI  CONDANNATA ALLA FELICITA’.

COME PUOI FIDARTI ANCORA DI TE STESSA?

Quante volte ti avranno ingannato i tuoi giudizi? E quante volte avrai mutato parere con la vergogna di aver creduto a te stessa?
Se un uomo ti avesse ingannata due o tre volte, non ti fideresti di lui; e allora perché ti fidi del tuo giudizio che ti ha tante volte ingannata?
Non gli credere più, anima benedetta.

NON CREDERE AL DEMONE DELLA DIALETTICA.

Sottomettiti con verace abbandono e segui con obbedienza i principi del Sommo Bene che mai t’ingannò.

– Miguel Molinos

PIACEVOLE RINUNCIA

La gratifica immediata è un modo sconveniente per raggiungere il vero appagamento.

Coloro che sono davvvero soddisfatti della propria vita conoscono un principio segreto:

“per ottenere il vero piacere (duraturo, permanente, stabile) occorre sacrificare il piacere impermanente (insignificante, fugace, inconsistente, momentaneo)”.

Per rimanere in uno stato d’animo sereno devi solatanto fare questo: RINUNCIARE agli estemporanei piaceri (cioè alle piccole tentazioni quotidiane)

Come premio alla rinuncia di quei piccoli desideri otterrai un incredibile senso di gioia.

A livello razionale sembra un controsenso eppure sempre più individui si accorgono che i meccanismi sottesi alla crescita interiore hanno poco a che fare con le ordinarie routine della nostra società.

Fai un esperimento.

Stila un elenco di piacere, desideri, tentazioni che avverti quotidianamente (visitare quel sito, chattare, sedurre una certa persona, desiderare un aspetto fisico differente, mangiare più dolci, impressionare qualcuno, fare esperienze più intense, fare sesso con… etc.).

Utilizza l’elenco come promemoria e poi sforzati di rinunciare ad almeno un piacere. Prova ad evitare almeno una tentazione al giorno. Mentre rinunci, o meglio prima di rinunciare, ricordati la regola aurea: rinunciando ai piccoli piaceri impermanenti ottieni un grande piacere permanente, un beneficio raddoppiato.

Il beneficio si manifesta spesso sotto forma di tranquillità, senso diffuso di pace, immensa quiete. Se ci fai caso la quiete è proprio l’esito di tutti i piaceri (l’orgasmo è l’esempio per eccellenza): tutti cerchiamo freneticamente di soddisfare dei desideri perché in fondo non ci sentiamo ad nostro agio con noi stessi.

Il metodo della “piacevole rinuncia” risolve questo problema esistenziale offrendoti la possibilità di sentirti felice senza più dover correre dietro a una sfilza interminabile di fatui desideri.

RINUNCIA ai beni minori e in cambio riceverai il SOMMO BENE!!

Ogni volta che un “demone” (cioè un pensiero tentatore) ti offre un piacere impermanente tu rispondigli così: “NO GRAZIE, PREFERISCO IL SOMMO BENE”

P.S

Esistono due forme di piacere, una inferiore e una superiore.

  • Piacere inferiore = sensuale, carnale, animalesco, bestiale, famelico, sede nel cervello rettiliano
    • Caratteristica principale di questo tipo di piacere è l’appetito insaziabile.
    • Agli occhi di un animale l’orgasmo sembra essere l’apice del piacere: l’uomo animalesco/inferiore ricerca il piacere nel sesso. L’attrito dei genitale produce una serie di reazioni fisiologiche che sfociano in una potente scarica dopaminica. L’individuo inferiore confonde questa scarica chimica con la vera felicità e quindi trascorre la sua esistenza ripetendo una serie estenuante di rituali sociali al fine di riprodurre quell’attrito con un individuo di sesso opposto.
    • Questo tipo di individuo, sottomesso alla natura infeiore, è ignaro dell’esitenza di un’altra natura, superiore, mediante la quale può soddisfare forme di piacere più sublimi.
      • L’ignoranza di questa sua natura superiore lo porta a ricercare la felicità come farebbe un cinghiale in calore. La differenza è che l’uomo indossa un abito, segue differenti rituali di corteggiamento.
      • Per rintracciare il proprio partner, gli animali utilizzano i propri sensi, mentre questo genere di individuo – in assenza di sensi abbastanza sviluppati- è costretto a servirsi di mezzi tecnologici. A parte questo dettaglio insignificante, la condotta generale è la medesima.
    • E’ il tipo di piacere più conveniente per la società (l’attuale economia campa grazie all’atteggiamento “rettiliano” -predatorio- dei singoli cittadini)
  • Piacere Superiore = sublime, sottile, immenso, duraturo
    • In un certo senso è divino, cioè elevato, estremamente più intenso del piacere bestiale.
    • Non richiede la ritualistica e l’attrito (contatto fisico-sessuale) tipico del piacere inferiore.
    • E’ immediato: non devi attendere una ricompensa esterna.
    • E’ interiore: non dipende dal tuo partner. Lo produci da te.
      • Sopratutto non dipende dalla società… L’attuale società crollerebbe se la maggioranza dei cittadini coltivasse questa forma di piacere.
  • Sei tu a decidere ogni singolo giorno se soddisfare il piacere inferiore o quello superiore.
    • Per accelerare la transizione dal piano infero al superiore chiediti : quanti altri piaceri inferiori devo soddisfare prima di sentirmi davvero soddisfatto?

 

STAI OBBEDENDO AL SOMMO (BENE)?

Come puoi applicare il Sommo (Bene) nella tua vita quotidiana o all’interno di un sistema ormai completamente corrotto?

Ne vale davvero la pena?

Partiamo dal presupposto che Sommo è sinonimo di Bene (non morale-religioso ma pragmatico ovvero Benessere) che a sua volta è sinonimo di Guarigione, di Sapere, di Verità e così via… quindi per agire in accordo al Sommo (Bene) basta agire in accordo alle sue manifestazioni che sono appunto la sanità fisica (non-violenza contro se stessi o contro altri) e sanità mentale (onestà con se stessi e gli altri).

Il Sommo Bene è la tua natura più profonda.

Se perseguire il sommo bene significa conseguire la salute fisica e mentale converrai che ne vale assolutamente la pena, anche perché il suo converso è la malattia ovvero violenza (non tanto morale ma intesa come danneggiamento) nei tuoi confronti e verso gli altri.

La corruzione (malessere) del Sistema non è altro che una conseguenza di un crescente atteggiamento “malato” attuato in primis dai singoli individui (io e te compresi). Se vai alla radice ti accorgi che sono i piccoli gesti quotidiani a costituire il tessuto di questo mondo, i gesti che hai compiuto pochi minuti fa hanno un impatto globale (non solo nella tua vita) che non puoi immaginare.

Non soltanto il gesto fisico ma persino il pensiero che stai cotivando in questo esatto momento può avere un impatto incredibile.

Tutto parte da un semplice pensiero dopo l’altro!!!

Ma visto che siamo tendenzialmente egoisti e per comprendere meglio c’è bisogno di tirare in ballo l’interesse personale diciamo che se tu persegui il Sommo, tu stesso sarai il primo a beneficiarne (non solo in termini materiali).

Magari sei un po’ ribelle e non ti piace il verbo “obbedire”, “servire” il Sommo Bene, in tal caso mettila così: quel Sommo Bene in realtà sei tu stesso, è quella realtà profonda di cui raramente sei cosciente, non è un Dio invisibile o una Forza cieca che opera misteriosamente nell’universo. Si tratta della tua vera natura a cui la tua attuale identità (corpo fisico) è intrinsecamente legata. Obbedire al Sommo vuol dire “far obbedire” il corpo (con cui noi umani spesso ci identifichiamo) ai Principi più sani, funzionali, veritieri, efficaci che tu conosca.

In cuor tuo sai bene cosa sarebbe opportuno fare, dire oppure non fare o non dire… devi solo seguire questo tuo sentire interiore. Devi comprendere che la tua autenticità è la fonte del tuo reale benessere e che il disagio, l’infelicità che provi è spesso dovuto al fatto che non rispetti te stesso, la tua vera natura.

Il Sommo è ciò che può darti una felicità davvero appagante e duratura. Vivere nel Sommo significa vivere in uno stato di Grazia, pace, equilibrio.

Impara a farti queste domande:

“Sto obbedendo al Sommo Bene?”

“Questa azione, mio linguaggio è in accordo ai miei principi o va contro ciò in cui credo?”

Se va contro i tuoi principi, evitalo come la peste!

Individua dei principi sani e seguili tutti i giorni, ne va della tua vita.