USCIRE DAL LABIRINTO SPIRITUALE, ARRENDENDOSI

Illuminazione, Risveglio, Auto-Realizzazione, ecc. non possono essere acquistati – confezionati – e consegnati come prodotti commerciali, merce, gioielli dentro una confezione dorata. Anche se molti ci hanno provato, per quanto l’imballaggio fosse esteticamente allettante, quel pacco era solo un pacco.
Alcuni ragionano come se l’Universo potesse essere comprato e venduto a mo’ di investimento di Wall Street.
Il vero ‘prezzo’ che paghiamo per quella comprensione profonda è la nostra vita.

Quel prezzo verrà pagato mediante la resa, l’arrendersi, il cedere le nostre credenze, cedere le nostre speranze e anche le nostre paure. Cedere persino i preconcetti su Dio, la verità, l’illuminazione e così via.
Tutte queste cose, se non vengono lasciate, possono diventare un’ingannevole zona di comfort personale.
Diventano una fantasia personale di come la realtà dovrebbe essere, di come gli altri dovrebbero comportarsi, e così via. Sono un comodo labirinto di convinzioni dentro cui a un certo punto finiamo tutti. Queste pareti poi vanno a delimitare la nostra presunta ‘identità’.
Alcuni però si accorgono che lì dentro alla nuova identità si è insinuata una stramba convinzione, che ci dice che la nostra identità è meglio di qualsiasi altra identità. Quella credenza, se mantenuta strenuamente, ci impedisce di vedere che la mente è finita in un nuovo labirinto, il labirinto spirituale.
Fortunatamente qualcosa di incognito interviene e butta giù le pareti del nostro labirinto mentale; butta giù le pareti della nostra ennesima identità. E questo fattore ignoto produce un effetto domino che continua a far cadere una ad una le pareti che definiscono il nostro concetto di realtà e identità.
Finché siamo a nostro agio con il nostro piccolo labirinto di credenze e rimaniamo attaccati al nostro ridicolo personaggio, o alla nostra pseudo-identità, verremo destabilizzati, scossi, disturbati, traumatizzati dagli scossoni dell’ignoto. Se invece abbandoniamo il concetto di noi stessi e della realtà, allora l’urto non sarà così destabilizzante e traumatico.
A volte, quando l’ignoto lascia cadere una delle nostre convinzioni su di noi (sugli altri o sul mondo), possiamo semplicemente espanderci al di sopra del nostro labirinto esistenziale.
Ma per elevarci dobbiamo prima lasciar cadere i pesi che ci atterriscono.
Alcuni parlano di resa.
La resa non è fallimento. La resa è l’onesta, schietta, umile, aperta ammissione che noi – con il nostro intelletto, con il nostro io, con il nostro ego – non sappiamo niente.
Con la resa cediamo il nostro falso sapere, sacrifichiamo la nostra pseudo-conoscenza, ci sbarazziamo della nostra ignoranza.
La resa permette l’apertura a un’altra conoscenza, la conoscenza di tutto ciò che l’ignoto ha tentato di mostrarci – ininterrottamente, per tutto questo tempo.
La resa è scoprire che noi siamo già appoggiati alla porta dell’ignoto. Se bussiamo a quella porta – senza aspettative su ciò che potrebbe o dovrebbe esserci dall’altra parte – potremmo essere meravigliosamente accolti dall’infinito.
Potremmo scoprire che là (e qua) c’è una pace che supera ogni comprensione.

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P.S.
Come al solito prendi queste parole con le pinze; non sono qui per dimostrarti niente. Anche se mi mandi un milione di euro, (e se lo desideri puoi farlo), non tenterei di provare o dimostrare ciò che ho scritto. Ma se proprio insisti, e vuoi arrenderti del tutto, si può fare un tentativo. Scommetto che a quel punto, quando resti in mutande alla Ramana, la resa sarà inevitabile.

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