ZeRo Metodo – Vol. 1 – Anteprima Cap. 2

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….

– “Francesco ti devo dire soltanto un paio di cose. Per prima cosa, questi 500 dollari sono soltanto i primi che dovrai versare per questo particolare trattamento. Ovviamente ogni versamento sarà privo di rintracciabilità”.

– “Benissimo”, disse Francesco. Per lui il denaro sporco non era un problema.

– “In secondo luogo, ovviamente, ti dovrai assumere la piena responsabilità per la partecipazione a questa iniziativa. Per poter progredire dovrai attenerti precisamente alle indicazioni che ti verranno fornite”.

– “Ok, capisco”.

– “Terzo, se credi di non potercela fare o se vuoi rivalutare la decisione ti conviene dirmelo il prima possibile. Hai una settimana per ripensarci. Se cambi idea tra tre mesi potresti pentirtene amaramente”.

– “Comprendo ciò che mi chiedi e dunque confermo la mia volontà di partecipare a questo progetto”.

Mentre il colloquio continuava, Francesco cercava di catturare il maggior numero di dettagli possibili su quest’uomo. Era alto circa un metro e ottanta, robusto, composto, disciplinato, con un’attitudine quasi militaresca. Capelli corti, abbigliamento casual, atteggiamento spavaldo – quasi strafottente.

Da quei pochi indizi sembrava che fosse un uomo in attesa dell’invisibilità totale, cosicché potesse passare completamente inosservato, abbandonando il mondo senza lascia

re nessuna traccia di sé.

Prima di trarre conclusioni affrettate, Francesco gli fece una domanda che si era scordato di fare all’inizio della conversazione.

– “Come devo chiamarti?”

– “Chiamami Zero, proprio come il Metodo a cui verrai sottoposto”.

– “E come mai hai deciso di…”

Ma prima di concludere la domanda, Francesco venne bruscamente interrotto.

– “Non importano le mie decisioni, ma le tue…” – “Cosa ti ha spinto fin qui?”

Oops… Francesco non si aspettava questa domanda a bruciapelo, senza neppure conoscer

e il suo interlocutore.

Prese il suo caffè, soffiò sulla tazzina in modo da evitare il contatto visivo e disse: “A dire il vero avevo soltanto visto un volantino sotto casa mia…”

– “Rispondi alla mia domanda, senza essere troppo evasivo, per favore”.

Purtroppo per Francesco non c’era una via d’uscita. Non poteva tergiversare come era solito fare in queste circostanze. Nel suo lavoro poteva comodamente temporeggiare, prendendosi tutto il tempo che voleva, ma qui era un’altra faccenda. Qui non era lui a dettare le regole del gioco. Quel che è peggio è che non si sapeva a che gioco stava giocando e con chi stava giocando.

– “Ti ho contattato perché voglio cambiare vita. Ho più di trent’anni, e per il modo in cui stanno andando le cose non credo di poter tirare avanti a lungo”.

– “Per favore, sii più specifico. Se ci sono dei dettagli imbarazzanti puoi evitare di citarli”.

Francesco incrociò rapidamente lo sguardo, poi riprese: “Nulla di imbarazzante. Lavoro per una banda di malviventi, ma nessuno dei miei familiari o amici stretti è a conoscenza del mi

o vero lavoro. Neppure la mia fidanzata”.

– “Capisco” – disse Zero con tono distaccato – “Continua pure”.

– “Si tratta di un’attività pericolosa. Alcuni miei colleghi sono in carcere, altri ci hanno rimesso la pellaccia. Quale futuro posso permettermi in questo modo? Quale futuro posso garantire alla mia ragazza?”

Zero replicò: “Per caso i soldi che mi hai consegnato li hai guadagnati con la tua attività criminale?”

Francesco non rispose. Si limitò a una specie di smorfia, un sorrisino insignificante.

Non si fidava di un tizio che si faceva chiamare Zero. E sicuramente non era così ingenuo da fornirgli tutti quei dettagli personali.

– “Capisco, Francesco. Non c’è bisogno che tu aggiunga altro. Prossimamente riceverai un messaggio da parte mia. Un ultima cosa in merito alla tua relazione. Hai detto di avere una ragazza ma questo tuo nuovo percorso di vita potrebbe sconvolgere quella relazione sentimentale… Sei sicuro di voler continuare?”

– “Si”.

– “Ottimo”.

– “Caro Francesco, benvenuto nel Club Zero. Che il tuo azzeramento abbia inizio”.

– “Azzeramento?”

– “Si. In questo metodo il punto di arrivo è zero. Paradossalmente il livello finale coincide con il livello iniziale. I livelli successivi a zero sono livelli problematici, fatti per lo più di proiezioni, dilemmi e questioni inutili. Tu – come la maggioranza dell’umanità – parti da un livello di inutili

 complicazioni e poi rimani incastrato su quel pianerottolo esistenziale. Il nostro percorso consisterà nel retrocedere dal livello in cui ti trovi fino ad arrivare al livello zero. Se per esempio tu parti dal livello cinque (cioè dal massimo grado di complicazioni e dalla massima intensità di disagio), dovrai ritornare al livello quattro, tre, due, uno e infine zero (cioè minimo grado di complicazioni e minima intensità di disagio).

Ricordati che noi stiamo andando contromano rispetto al senso comune. Anziché seguire brevemente tutti i piccoli piaceri e sostare a lungo nel dispiacere, seguiremo brevemente dei piccoli dispiaceri in modo da sostare successivamente in una stabile condizione di tranquillità.

Il percorso preferenziale di quasi tutte le persone conduce alla sofferenza inutile.

Il nostro percorso preferenziale conduce lontano dalla sofferenza inutile. E se mi seguirai potrai incamminarti verso l’uscita dall’autostrada della sofferenza inutile”.

– “Un percorso preferenziale in senso metaforico?”

– “No, in tutti i sensi.

Ti semplifico il discorso all’osso mettendola sul piano fisiologico: c’è come un percorso neurale che conduce dalla sofferenza inutile alla fine di tale sofferenza.

Una volta individuato tale percorso si tratterà di ripercorrerlo fino a quando non diventerà il tuo percorso preferenziale, o meglio fino a quando non diventerà il percorso neurale preferito dal tuo cervello. A quel punto diventerà un’abitudine e non serviranno sforzi per rimanere in carreggiata. Il cervello attiverà automaticamente la nuova neuro connessione.

Ma prima occorre forzare un po’ la mano poiché la tendenza dominante della mente ordinaria è quella dell’auto-commiserazione, del dispiacere, della lamentela, del vittimismo, in poche parole della sofferenza inutile”.

– “C’è un modo per progredire più velocemente in questo tuo percorso di azzeramento?”

– “Sì. Devi ingannare te stesso”.

– “Per ottenere un vantaggio dal tuo metodo devo ingannare me stesso?”

– “Sì, devi ingannare te stesso per poter andare oltre te stesso. Ma tieni presente che il vantaggio del mio metodo è un vantaggio impersonale, ne consegue che non puoi usare questo trucco per ottenere un vantaggio personale. Questo non è un metodo di auto-aiuto o di crescita personale. Questo è un metodo di decrescita oppure depersonalizzazione. Attenzione però, depersonalizzazione non in senso clinico.

Solitamente la depersonalizzazione è un’esperienza destabilizzante, caratterizzata da un senso di distacco o estraneità dalla propria identità, dai propri pensieri, sensazioni, emozioni, oltre che da

l proprio corpo. Nel nostro caso vivrai quella stessa esperienza di distacco ed estraneità, ma lo farai in modo sereno, senza eccessivi sbalzi d’umore o turbolenze emotive”.

– “Insomma, non perderò la testa… giusto?”

– “Certo che perderai la testa!

Non ricordi lo slogan di questo metodo?”

– “Azzerare la propria testa di cazzo?”

– “Esatto. Il vantaggio è che non impazzirai…”

– “Bella consolazione…”

– “Guarda che non è poco, soprattutto se consideri che sei circondato da malati mentali!”

Agli occhi di Francesco l’unico malato mentale era quel tizio che parlava come un santone indiano.

– “Amico mio, il problema è che sei troppo coinvolto con il dramma o la tragedia del

la tua vita. E a sua volta il dramma che stai vivendo è dovuto al fatto che sei troppo interessato a te stesso. La soluzione del problema sta nel disinteresse per quel dramma, e dunque nel disinteresse per il tuo io”.

– “Dovrei perdere interesse per me stesso…”

– “No. Si tratta solo di perdere interesse per il tuo piccolo, sciocco, infantile, illusorio senso dell’io. Ma ora non puoi comprendere pienamente queste parole perché sei identificato con ciò che non sei”.

– “Insomma, si tratta di lottare contro la propria mente?”

– “Francesco, ficcatelo in quella testa bacata: il vero trucco per sbarazzarsi della maggioranza dei problemi è usare la psicologia inversa. Il metodo zero può fare davvero la differenza poiché non lotta direttamente contro la mente, bensì finge di appagarla. Finge di offrirgli qualcosa di vantaggioso, poi la prende da dietro e le dà il colpo di grazia”.

– “Quindi tu hai ingannato la mia mente offrendomi la liberazione dai miei problemi, me

ntre in realtà il problema da cui mi sbarazzerò sarà proprio la mia mente?”

– “Esatto. Quell’annuncio invitante serviva per allettare la tua mente. Quando la mente si sente appagata riduce automaticamente la tendenza a cercare altrove il godimento tanto agognato. Quel godimento non verrà cercato disperatamente fuori, negli altri, nel cibo, nella droga. Dal momento che la mente non può resistere alle novità, lei – cioè la tua mente – rimarrà momentaneamente concentrata su questo metodo innovativo. Per ottenere qualche effetto sarà sufficiente tenerla occupata per un breve lasso di tempo. L’importante è tenerla astutamente impegnata in piccole attività, ripetute con una certa regolarità. Il nostro metodo però non è come quelli tradizionali. Questa è una terapia d’urto. Forzeremo la tua mente a compiere una manovra suicida: un tuffo mortale nel vuoto mentale”.

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Qual era il lavoro di Gesù e Buddha?

Nella società odierna come potremmo definire l’attività sociale di Gesù e Buddha?
Potremmo definirli Influencer Spirituali.
E qual era lo scopo principale del loro insegnamento?
Indipendentemente dal linguaggio, dalle metafore, dalle parabole, dalle pratiche, dalle preghiere, dai miracoli, il tema centrale di Cristo e del Buddha rimaneva sempre uno, la Verità.
In pratica il loro lavoro consisteva nel dirigere sistematicamente l’attenzione verso la Verità.
E noi dovremmo fare lo stesso lavoro, ogni giorno, ininterrottamente, in qualunque circostanza, di fronte a chiunque, senza paura delle ripercussioni.
La ricompensa sarà la Verità stessa e nient’altro.
E la Verità non è poco…
La Verità è come il fondale del tuo essere.
Se il tuo essere appoggia su un fondale saldo, stabile, duraturo, la conseguenza sarà il benessere, la tranquillità, la sicurezza.
Se ti appoggi su un fondale inconsistente, instabile, precario, debole, vivrai nel malessere, nella paura, nell’insicurezza.
Scegliere la Verità è come scegliere le migliori fondamenta della tua esistenza.
Scegliere qualcosa d’altro significa scegliere le peggiori fondamenta per il tuo presente e per il futuro.
Come vedi alla fine la scelta non è difficile… anzi, in verità se vuoi stare bene non hai scelta.
Domandati quali sono le fondamenta del sistema sociale, o le fondamenta del sistema cognitivo (individuale e collettivo), e troverai molte semplici risposte che ti toglieranno qualunque dubbio.
Ciascun individuo è responsabile delle fondamenta del proprio essere, nessuno escluso.
(ZeRo)

Soul trap, trappola della reincarnazione, invito al Risveglio

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Ultimamente sto notando diversi riscontri interessanti tra i lettori.

Qualcuno mi fa notare che dopo diversi anni il senso dei miei post sta diventando più chiaro, lampante, innegabile.

Da un lato è una buona notizia perché finalmente qualcosa risuona con il famoso invito al Risveglio.

Dall’altro lato (per l’ego) è una brutta notizia perché – in coloro in cui c’è quel risuono – dovrà necessariamente avvenire un rapido o graduale processo di disincanto, un processo che non potrà essere ignorato: può sembrare una condanna (perché i vostri occhi vedranno qualcosa che nessuno vorrebbe vedere) ma in realtà quella visione profonda è una benedizione, o meglio è un invito alla liberazione.

I miei post servono a prepararvi e sostenervi per i probabili colpi di scena del sogno/incubo planetario: lo scopo è quello di ricordarvi di non farvi intimorire da nessuna visione (percezione).

Se c’è quella risonanza non è possibile tornare indietro: non è più questione di credere (tergiversare, dubitare) sul fatto che il mondo sia un sogno ma è questione di amplificare quella risonanza all’ennesima potenza.

La finta alternativa è continuare a farsi predare (rapire sensorialmente) dal mondo delle apparenze – in termini religiosi farsi succhiare l’anima (termine piuttosto fuorviante, ma rende l’idea generale sulla “soul trap”, il cibo per la Luna di Gurdjieff, l’Aquila di Castaneda, il bardo, la trappola della reincarnazione, etc…). Quei fenomeni hanno una loro apparente realtà e possono essere davvero riconosciuti, neutralizzati o trascesi, l’importante è non farsi stregare dall’illusione del tempo e non farsi intimorire dalle implicazioni di quei fenomeni.

Il segreto è l’atemporalità (l’incondizionato, l’indifferenziato).

Chi dimora nell’atemporalità è intoccabile ed è destinato a sciogliere qualunque catena sensoriale e qualunque condizionamento.

Ma prima occorre sospendere i meccanismi di difesa che si attivano automaticamente come un’allergia alla percezione di paura, minaccia, perdita, etc…

Inoltre occorre farla finita con la propria storia personale, sbarazzarsi di se stessi, liquidare la persona che si crede o si sente di essere, consumare la coscienza di sé, il che sembra assurdo proprio perché è davvero assurdo come sembra.

Non aspettatevi che questo processo sia una passeggiata, che abbia senso o che il vostro intelletto possa capirci qualcosa: il vostro intelletto è il primo degli ostacoli e l’ultimo degli alleati.

Visto che forse ci sono dei modi per penetrare ed eludere i meccanismi difensivi del vostro intelletto, recentemente ho cercato di condensare maggiormente alcune realizzazioni che possono facilitare ulteriormente il disincanto. Il prezzo da pagare di questa accelerazione sarà una specie di salto nel vuoto (mentale) e la testimonianza di bizzarri fenomeni (molti dei quali possono essere anche divertenti).

Il bello è che non dovete credere a ciò che scrivo, bensì potete constatare sulla vostra pelle la validità o meno di certi messaggi. In linea di massima – come metro di misura generale – la percezione della paura dovrebbe essere tenuta in debita considerazione, lasciando che venga tranquillamente ridimensionata, senza precludere il risultato finale, cioè il sereno disincanto.

Oltre al sottoscritto ci sono altri facilitatori del disincanto, anche se di attendibili ed efficaci ne conosco al massimo un paio, e ad ogni modo molti eventi quotidiani possono rappresentare già di per sé un periodico invito al Risveglio.

Comunque vada, rimanete tranquilli, fidatevi dell’Oltre e lasciate andare qualunque percezione.

Buon disincanto!

(ZeRo)

Autoliberazione dal samsara (prigione sensoriale) + Consapevolezza del non essere

 

L’io (l’ego, la pseudo-identità, la persona che credete erroneamente di essere) può essere eroso, consumato, dissipato.

Ci sono trucchi (stratagemmi, mezzi rapidi, tecniche efficaci ma drastiche) per erodere velocemente tutta quella roba che riempie – fino a intossicare e soffocare – il vostro sistema cognitivo e il vostro sistema nervoso.

Qui non mi voglio dilungare su questi mezzi ma sul loro principio: se avete presente il principio di base, poi troverete da soli la via per erodere (o per lasciar dissipare) la prigione sensoriale.

Il principio di base è la consapevolezza del non-essere.

La consapevolezza di non essere ciò che viene eroso dal tempo, cioè non essere ciò che invecchia, non essere ciò che ha una particolare età, non essere ciò che avete sempre creduto di essere.

Non essere nessun essere (che credete o che avete creduto di essere).

Se partite dal principio del “non essere” (ciò che credete o sentite di essere) potrete emanciparvi dal cosiddetto samsara (ciclo del divenire e della rinascita) – o perlomeno sarete in grado di lasciare che il processo di erosione (trasformazione, consumo) del vecchio essere (o dell’essere presente) sia indolore.

Tecnicamente – affinché avvenga nel migliore dei modi – questa realizzazione dovrebbe maturare in voi in modo spontaneo, senza bisogno di farvi convincere dall’esterno, ma visto che ci siamo tanto vale trasmettervi qualche informazione preziosa.

In sintesi:

Il ciclo del divenire c’è e tendenzialmente si ripete in modo nauseante e opprimente (inibendo la volontà personale).

Se la prigionia sensoriale è possibile allora l’auto-liberazione è altrettanto possibile.

L’emancipazione esistenziale non è teoria ma pratica, pratica nel senso di sperimentabile da tutti coloro che sentono quel richiamo.

Quel richiamo è paradossale perché vi porta a una realizzazione apparentemente insensata, la realizzazione del non essere. Quella realizzazione vale più di qualunque pratica, rituale, mantra, iniziazione, sessione meditativa.

Con quella realizzazione comprendete che paradossalmente la via d’uscita non è il divenire – il fare e neppure l’essere – ma il non essere (e il non fare).

Ovviamente il “non essere” a cui mi riferisco non ha nulla a che fare con il pessimismo e il nichilismo. Qui si sta parlando di liberarsi effettivamente da precise manifestazioni fisiche, emotive, sensoriali.

(ZeRo)

Il segreto è cedere, mollare la presa, lasciar perdere…

Cos’hanno in comune il sonno profondo e la morte?
Cosa succede quando dormite?
Cosa fate quando siete ammalati?
Cosa farete poco prima di morire?
CEDETE, mollate la presa, lasciate perdere, non vi preoccupate, vi dimenticate di qualunque presunto problema.
Vi dimenticate di tutto e tutti, compresa la vostra persona, la vostra pseudo-identità quotidiana.
Rinunciate (involontariamente) alla vostra volontà personale, ignorate il mondo delle apparenze (vi disinteressate dello show che chiamate vita quotidiana), vi dimenticate della temporalità e venite risucchiati nell’atemporalità.
Pochi hanno la maturità, la lucidità e il disincanto sufficiente per abbandonare tempestivamente la loro pseudo-identità, la loro storia personale, le proprie illusioni.
Di solito, prima di cedere, quasi tutti attendono un momento fortuito (stanchezza, sconfitta, sonno profondo) oppure un istante fatale (malattia, incidenti, tragedie, morte).
L’auto-realizzato, a differenza dell’uomo comune, non ha bisogno di un promemoria; non ha bisogno di farsi convincere da un incidente fatale, da un lutto, da una tragedia. Non ha bisogno di sfiorare la morte per riconoscere l’atemporalità.

Molti di voi – dopo quel tuffo nell’atemporalità – rivolgono tutta l’attenzione alla temporalità (mondanità, virtualità) e si dimenticano immediatamente di quel magico intervallo.
Invece di ignorare l’atemporalità e pensare solo alla temporalità, provate a fare il contrario: valorizzare l’atemporalità e riflettete sulle sue implicazioni (distensione totale, pacifico abbandono).

Non è questione di vincere o perdere, ma di smettere di accanirsi contro le illusioni e rinunciare alla lotta contro tutte le apparenze esterne.
Non si tratta di scegliere se cedere o non cedere.
Si tratta di rendersi conto che non si può non cedere.
Rendetevi conto che quell’opzione non c’è, proprio come prima di addormentarvi non c’è l’opzione di “non cadere nel sonno profondo”.
Si tratta di capire che il cedimento c’è già stato miliardi di volte, di giorno (batoste quotidiane, ferite, lotte, conflitti) e di notte (sonno, distensione).
Siate furbi, cedete il prima possibile…
Il cedimento porta a qualcosa di magnifico.
Il cedimento porta alla cessazione.
Cessazione di cosa?
Cessazione di pseudo problemi, conflitti inutili, ragionamenti sterili, emozioni infantili, reazioni insensate, nervosismo, nevrosi.

Prendetevi ogni giorno almeno 5 minuti per cedere completamente.
Distendetevi, accasciatevi, staccate la spina da internet, chiudete gli occhi, disinteressatevi per un po’ del mondo, della vostra storia personale, di voi stessi. Paradossalmente, quei rari momenti di cedimento saranno i migliori istanti della vostra vita.

 

COME GUARIRE DALLA MIOPIA (E DA ALTRI DISTURBI VISIVI)

Il fatto di pensare (credere e ripetere) “io sono miope” è grave perché innanzitutto vi fa credere che la miopia sia una condizione permanente (immutabile) invece di una condizione momentanea e migliorabile. In secondo luogo il pensiero “io sono miope” vi fa credere che sia una condizione legata a voi, alla vostra identità, e non a qualcosa d’altro – di facilmente trattabile e modificabile in modo naturale.

Nel mio percorso di guarigione mi sono accorto che la mente – vedendo i risultati concreti – ha spontaneamente smesso di credere alla storia “io sono miope” e ha cominciato a capire che prima “avevo involontariamente incentivato un modo di vedere”, mentre dopo “ho incentivato volontariamente un altro modo di vedere, pensare, percepire”. E la differenza si è fatta sentire quasi subito. Poi ci è voluto del tempo per ottenere particolari risultati, ma fin da subito, con questo cambio di mentalità, mi sono accorto che la miopia è prima di tutto un fattore mentale. Sembra un’ovvietà, ma è davvero così.

C’è una bella differenza tra pensare “io sono miope” e pensare “io sto incentivando la miopia”. Se potete incentivare un modo di vedere/percepire, potete anche incentivare anche un altro modo di  vedere/percepire. E quando incentivate l’altro modo di percepire vi accorgete che la miopia era un banale errore percettivo, trattabile in modo abbastanza semplice e soprattutto naturale. E comunque una cosa è certa: se non guarite del tutto, potete ottenere incredibili miglioramenti.

Ora non mi va di dilungarmi e sarò sintetico, comunque nell’ebook “Miopia vattene via” offro dei consigli su questo argomento.

La prima cosa che dovreste fare è smettere di credervi miopi. Rimuovete l’idea “io sono miope” e sostituitela con “io non sono miope”. Ovviamente questo cambio di mentalità non rimuove la miopia però vi consente di comprendere la sua vera natura e di sbarazzarvi davvero di quel vizio. Ci tengo a sottolineare la parola vizio proprio perché si tratta di una tendenza temporanea, un’abitudine che può essere modificata come qualunque altra abitudine.

Dopo aver rimosso il pensiero “io sono miope” dovete operare in modo astuto sui vostri occhi e più in generale sul vostro corpo.

Gli occhi sono delle lenti naturali e in questo caso le lenti del corpo non funzionano come si deve. Per fortuna potete essere gli optometristi di voi stessi e potete intervenire su queste lenti naturali. Considerate gli occhi come degli strumenti che a differenza degli occhiali possono essere plasmati e corretti da voi stessi.

Provate a rimuovere gli occhiali e usateli il meno possibile (tranne ovviamente in situazioni particolari come la guida notturna, etc…). Se l’assenza di occhiali non provoca mai alcun danno a voi stessi e agli altri, cioè se la vostra miopia non è troppo preoccupante, allora rimuoveteli completamente, per tutto il giorno.

Il passo successivo consiste nel comprendere che il sole non è un vostro nemico. Il sole è uno dei vostri migliori alleati e affinché vi possa aiutare dovete sfruttarlo come si deve. Non fissatelo direttamente ma imparate a fare in modo che la sua luminosità riscaldi, penetri e illumini la vostra visione.

Il cielo è un altro grande alleato da sfruttare spesso. Nei prossimi interventi magari proporrò qualche esercizio specifico. Per il momento propongo solo una serie di rapide indicazioni.

Una cosa che potete imparare a fare consiste nello sfruttare il contrasto figura-sfondo, prima da vicino poi da lontano. Più lo sfondo è chiaro meglio è. Mentre mettete a fuoco qualcosa dovreste anche imparare a muovere (estendere) brevemente i muscoli oculari. Purtroppo occorre  interagire di persona per capire meglio ciò che intendo, però se ci provate potete intuire da soli il modo migliore per sfruttare qualunque sfondo e il modo più furbo per elasticizzare (con delicatezza) i muscoli degli occhi.

Poi ci sarebbero molti altri suggerimenti (l’uso strategico dell’acqua fredda/calda, esercizi notturni, sfruttare l’alba, premere intensamente alcune zone attorno agli occhi, visione periferica, etc…).

Per il momento fate tesoro di questi primi consigli.

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IL SUICIDIO E’ LA SOLUZIONE… MA NON VA FATTO CON (O CONTRO) IL CORPO — IL CORPO E’ LA CONTROFIGURA DI CIO’ CHE SIETE DAVVERO

Una volta ho definito l’illuminazione – o il Risveglio – come un suicidio dell’io assistito da Dio.

Agli occhi dell’uomo comune (coscienza addormentata) questo suicidio sembra un tentativo di distruzione del corpo ma in realtà è un drastico (e quasi sempre fallimentare) tentativo di Risveglio (autorealizzazione). Quelli che si suicidano non lo fanno necessariamente perché soffrono fisicamente ma perché soffrono interiormente (psicologicamente, emotivamente, sentimentalmente). C’è chi lo fa perché ha scoperto che gli rimangono pochi giorni di vita oppure c’è chi lo fa perché ha scoperto che il partner (il genitore, il medico, il datore di lavoro, la banca, lo stato, la chiesa, la tv) gli ha mentito spudoratamente; in entrambi i casi si sente ferito da qualcuno o da qualcosa di cui si fidava ciecamente. Chi si fida ciecamente del mondo non è molto diverso da chi si fida ciecamente di una sceneggiata teatrale. Questa fiducia malriposta provoca una profonda delusione, un forte dispiacere, che si trasforma in un dolore insopportabile, sfociando in una crisi esistenziale.

Questa sofferenza esistenziale si estrinseca sotto forma di dolori, dispiaceri, crisi nervose, attacchi di panico, afflizioni fisiche. Confondendo questi sintomi nervosi con il fattore scatenante (cieca fiducia nel corpo/mondo/apparenze esterne) si accaniscono violentemente contro il proprio corpo; in alternativa si scagliano contro il corpo altrui oppure contro il mondo esterno. Tutte queste reazioni (accanimento contro qualcuno, farsi del male da soli) fanno parte del modus operandi della mente ordinaria.

L’uomo comune considera il corpo come il proprio essere.

Voi stessi, molto probabilmente, state inconsciamente considerando il corpo come il vostro essere: lo considerate come la fonte dei vostri piaceri e dispiaceri; e se il corpo sembra un elemento del mondo ne consegue che considerate il mondo come il vostro unico supporto esistenziale.

La mente di quasi tutti ragiona così: il corpo – interagendo con il mondo – mi può dare la felicità, la conoscenza, il controllo, il potere; se succede qualcosa all’esterno o se il mio corpo non è in buone condizioni mi devo preoccupare perché sono in pericolo; se il livello o la quantità di problemi, difficoltà, avversità, sembra intollerabile allora – in apparenza – non rimane altro che il suicidio.

Purtroppo per voi, o per l’uomo comune, finché ci si crede il corpo tutto sembrerà insopportabile. Non c’è una quantità minima o massima di problemi tollerabili dall’ego, cioè dalla persona che credete erroneamente di essere. Ne consegue che finché c’è la falsa identità non c’è nessuna soluzione ai vostri problemi.

In quella condizioni nulla vi potrà davvero aiutare, neppure la spiritualità (preghiere, cristalli, apertura chakra, kundalini, iniziazioni, esorcismi, purificazioni).

Finché credete di essere il corpo e finché credete che il mondo esterno sia reale, i problemi (afflizioni, dispiaceri) non finiranno.

Questo è il messaggio di fondo che trovate in qualunque insegnamento degno di nota.

Però c’è anche un paradosso, un apparente contraddizione: il suicidio è la soluzione a tutti i problemi che sembrano intollerabili e irrisolvibili.

E qui torniamo alla frase di apertura di questo testo: l’autorealizzazione è il suicidio dell’Io assistito da Dio.

Suicidio dell’io non vuol dire suicidio del corpo o distruzione del mondo.

Il suicidio dell’io qui significa annientamento della vostra importanza personale, sospensione del vostro giudizio, eliminazione della vostra autoimmagine mentale, azzeramento della vostra persona, dissoluzione della vostra personalità, neutralizzazione del vostro intento e del vostro carattere, disinganno dalla vostra storia personale, vanificazione delle vostre illusioni e delle vostre paure.

Se tentate di fare da soli, con il vostro ego, anche una sola di quelle azioni sentirete una forte resistenza e vi sentirete molto a disagio: provate a sospendere il giudizio (o a sospendere i pensieri) per un oretta, oppure provate a dimenticare la vostra storia personale per mezza giornata; quasi sicuramente verrete subissati di inutili pensieri o perseguitati dai fantasmi del passato. Questo suicidio dell’io è un atto ultramondano che viene fatto mediante un potere impersonale che si impossessa del vostro involucro, soffoca la vostra persona (il vostro ego), e fa piazza pulita di tutte le vostre illusioni. Ovviamente è un processo che per andare a buon fine richiede una buona quantità di maturità, lucidità, disincanto.

Ed ora veniamo al succo del discorso: il corpo è la controfigura di ciò che siete davvero.

In un certo senso il corpo è un velo che nasconde la vostra vera natura.

Questo velo carnale non è un male, un peccato, un problema, e non va distrutto ma va solo penetrato con lucidità e disincanto. Vedetelo come un abito che può essere rimosso, rimesso e poi nuovamente rimosso. E’ come uno strumento che funge da interfaccia e consente l’interazione con il cosiddetto mondo esterno.

Prendete uno spillo e pungetevi, oppure datevi un bel pizzicotto sulla pelle. Mentre vi pizzicate non state toccando voi stessi ma state toccando la vostra controfigura. State toccando quello che nella mia omonima opera chiamo “Corpo di Impressioni”.

Per evitare di mettere troppa carne al fuoco è meglio fermarsi qui.

In pratica ecco cosa ho scritto qui:

–  Alcuni di quelli che vogliono suicidarsi fisicamente non tentano solo di risolvere i loro problemi ma tentano anche di autorealizzarsi o di liberarsi dal senso di prigionia del mondo delle apparenze.

– Il senso di prigionia (oppressione, afflizione, dispiacere) è una diretta conseguenza di una svista dopo l’altra; la prima svista è l’identità abituale, ciò che credete erroneamente di essere; da questo iniziale errore percettivo sorgono tutti gli altri problemi della vita quotidiana.

– La correzione di questo errore percettivo è il disincanto e il conseguente Risveglio

–  Una delle prime cose che riconoscerete con il disincanto è che il corpo è una controfigura di ciò che siete davvero

– Mentre realizzate l’erronea identificazione con un ammasso di stimoli sensoriali, realizzerete che il mondo non è ciò che sembrava; dopo esservi sbarazzati della svista di partenza (falsa identità) capirete che il mondo è davvero un mondo di apparenze (simulazioni, inganni sensoriali, miracoli, miraggi).

E quanta realtà può avere un mondo di apparenze, simulazioni, inganni sensoriali, miracoli, miraggi?

(ZeRo)

Se vi arrendete (o abbandonate il vostro io) vi potete salvare da un mondo di problemi e dispiaceri inutili… Se non vi arrendete (se non cedete l’io) la tribolazione continuerà.

Arrendetevi.

In che senso?

In che modo?

Arrendete il vostro io, cedetelo, cedete la volontà personale, cedete ciò che credete di essere, abbandonate una volta per tutte l’idea che avete di voi stessi, abbandonatela, non vi serve, è solo d’intralcio, è la causa principale di tutte le vostre disgrazie, dei vostri problemi, delle vostre afflizioni, dei vostri fallimenti, dei vostri casini.

Attenzione a questo dettaglio:

Cedere l’io non significa cedere ciò che siete davvero.

Il cedimento sembra impossibile soltanto quando si è identificati con qualcosa, con la cosa che si può cedere, in questo caso l’io, l’ego, la vostra persona, l’autoimmagine, l’idea che avete di voi, il vostro personaggio sociale. Quella pseudo-identità è ciò che potete cedere perché non corrisponde a ciò che siete davvero.

Il 99% dell’umanità è ipnotizzata da una falsa identità, dunque non comprende questo messaggio. Non riesce a distaccarsi dall’identità abituale, non vuole cedere il proprio io, continua a lottare per difendere il suo io (la propria idea di sé o la propria coscienza di sé) ma non si accorge che difendendo l’io (l’ego, l’autoimmagine, e persino la coscienza di sé) sta difendendo un virus mentale, un parassita, una credenza limitante, una distorsione percettiva, una contrazione energetica.

Se potete cedere qualcosa vuol dire che non siete quella cosa che state cedendo. E l’io, l’ego, la volontà, il pensiero di voi stessi, il vostro personaggio sociale, la vostra immagine, e neppure la coscienza di sé (per quanto sembri assurdo), si possono cedere proprio perché non è ciò che siete.

Fatelo, cioè abbandonate ciò che credete erroneamente di essere, prima di finire in altri casini inutili, circoli viziosi, disgrazie, malanni, attacchi virulenti, vicoli ciechi, trappole.

(ZeRo)

P.S.

Qualcuno può pensare: ma tu non dicevi che il mondo è un sogno planetario?

Sì, lo considero un sogno al 100%.

E allora perché dovremmo cedere l’illusione dell’io? Cosa succede se non lo cedo?

Andrai a rivivere un incubo dopo l’altro. La realtà – come viene intesa dall’uomo comune – non c’è, al massimo c’è un infinito campo energetico che senza lucidità e disincanto tende a trasformarsi in un incubo, e poi un altro incubo, poi un altro, etc…

Io vi sto soltanto dando dei suggerimenti per vivere dei sogni di chiara luce e risvegliarvi alla vera natura di questo mondo. Ma non è un comandamento divino. Non sto dicendo che tutti sono obbligati a fare così, dico solo che l’incubo che viene percepito da molti di voi può terminare o può continuare, il che – nel grande schema, per l’Assoluto – non è un grosso problema, però non sarebbe meglio imparare a fare dei sogni di chiara luce invece di una serie interminabile di sogni oscuri?

Tutto qui.

Potete prolungare gli incubi diurni, oppure potete fare in modo che nella vostra vita gli incubi (conflitti, dispiaceri, afflizioni) possano svanire.

Cedere la vostra pseudo-identità (inclusa la coscienza di sé) è la soluzione che involontariamente avete sempre cercato (e che continuate a cercare nel modo sbagliato, nel posto sbagliato).

Per sapere se sbaglio vi basta testare il valore di questo messaggio.

Se ho ragione allora i problemi, afflizioni, delusioni, dubbi, inizieranno a cadere uno dopo l’altro.

Se sbaglio potete continuare come prima, credendo alla vostra pseudo-identità quotidiana, al vostro ego, alla vostra egocentrica vocina interiore che vi spiega come produrre (senza risolvere) un problema dopo l’altro e vi spiega per filo e per segno tutto ciò che “non siete”.

Cosa succede dopo la morte?

Non c’è niente dopo la morte. O se preferite dopo la morte c’è l’indifferenziato.

La morte non è un evento a sé stante ma la fine di un fenomeno o di un inganno sensoriale.

È la fine di un vortice energetico algoritmico e autoreferenziale (me, me, me, mio, mio, mio).

È la dissoluzione di un caleidoscopico artefatto (l’io, il mondo, l’universo) immaginato dal potere impersonale che sogna tutto in tempo reale.

Da una prospettiva in prima persona (nel senso dei videogiochi o dei sogni notturni), quando le persone muoiono si trovano ad affrontare una sorpresa piuttosto bizzarra: improvvisamente cessa l’ipnosi dell’io sono (“io sono questo corpo, io sono quella persona, io sono quell’essere”).

Il respiro si ferma. Il cuore si ferma. Il cervello si ferma e con esso si ferma la frenetica, maniacale, ossessiva differenziazione (io-altri, dentro-fuori, prima-dopo, questo-quello).

Ciò che resta è il maledetto nettare che tutti cercano in continuazione nel mondo (materiale, virtuale, spirituale): una pace ineguagliabile, la realizzazione liberatoria del non dover fare (dire, pensare, sentire, rivivere) per forza “questo o quello”.

Quando avviene l’autorealizzazione (o la morte in vita) ci si ritrova finalmente catapultati nell’indifferenziato, ed è impossibile confonderlo con le differenti apparenze esterne (corpo incluso).

Ciò che avviene dopo la morte della vostra persona lo potete intuire anche qui, ora, mentre la vostra persona sembra viva.

Potete avvertire l’indifferenziato ovunque voi siate, in qualunque circostanza crediate di trovarvi, anche mentre siete identificati con qualcuno di particolare (il vostro io, il vostro ridicolo personaggio sociale) o mentre vi sentite intrappolati nelle differenti manifestazioni esterne.

L’indifferenziato avrà sempre la meglio, dissolverà tutte le differenze che credete di percepire negli altri, in voi stessi, nel mondo: dissolverà la vostra dannata importanza personale; dissolverà l’egocentrismo; dissolverà la vostra vanità; dissolverà le vostre puerili pretese, richieste, aspettative; ma sopra ogni cosa dissolverà tutte le vostre paure.

(ZeRo)

Il mondo che conosci è stato azzerato… E poi?

Questo articolo si ricollega a quelli sull’azzeramento del mondo.

Anche il più ritardato dei ritardati si sarà accorto che i punti nevralgici del sistema sociale stanno saltando in aria come fuochi d’artificio. Da un punto di vista artistico non sarebbe neppure un brutto spettacolo, peccato che coinvolga la vita di miliardi di persone. Sta procedendo un po’ alla “Fight Club” solo che in questo caso i facinorosi sono proprio gli agenti che avevano eretto il sistema stesso. Questo finto crollo verrà ovviamente rimpiazzato da un nuovo sistema, un sistema più sofisticato,  ma questo a noi non interessa. Per ogni sistema c’è una falla, una crepa, una piccola via d’uscita: alcune tradizioni l’hanno chiamata autoliberazione, autorealizzazione, Risveglio, etc…

Se il sistema ha aperto la finestra di Overton per tenervi sempre più incantati e incatenati al mondo delle apparenze, il sottoscritto (e qualche altro individuo) sta aprendo un’altra finestra, una finestra per il disincanto, l’autoliberazione. Io però non posso saltare al vostro posto, e voi non potete saltare al posto degli altri. Spetta a ciascuno di noi il compito di saltare attraverso queste piccole finestrelle mentali, interiori, esistenziali.

L’azzeramento, il crollo, la disfatta sono occasioni che consentono – in modo amaro – di intravedere cosa si cela oltre le apparenze esterne che vi hanno fatto vedere per tutto questo tempo.

Finché credete a ciò che “vi fanno vedere” non potrete credere a ciò che non vi fanno vedere; e anche vedendo ciò che vi tengono nascosto, senza disincanto non riuscirete mai a credere ai vostri occhi.

Finché rimanete incastrati nel comune paradigma spazio-temporale non riuscirete a compiere il salto verso l’atemporalità.

Finché vi fate incantare dalla percezione ordinaria non potrete liberarvi dalla sofferenza prodotta da quella stessa percezione.

L’azzeramento può portare alla liberazione.

Per usare una metafora, le finestre di cui parlo sono come portali inter-dimensionali che vi portano da una dimensione esistenziale (dolore, disagio, dispiacere, disperazione, follia) a un’altra dimensione esistenziale (quiete, pace, lucidità, spensieratezza). Questi portali non si trovano nei monasteri, nelle chiese, nei luoghi sacri, ma si trovano in mezzo alle tragedie della vita quotidiana. Non potete evitare fisicamente il campo di battaglia – visto che il corpo fa parte di quel sistema – però vi potete svincolare spiritualmente da quella dimensione.

Sfruttate queste finestrelle mentali per intrattenere la possibilità dell’autoliberazione. Per intenderci, la lettura e comprensione di questo messaggio può aprire una piccola finestra mentale, che a sua volta può portare a un’apertura dopo l’altra.

E il mondo?

E gli altri poi come faranno?

Non curatevi troppo del mondo; si potrebbero dare ulteriori colpi per allargare le sue crepe, ma non ne vale la pena, il crollo è palese e infierire sarebbe da sadici. Per quanto riguarda gli altri, chi finge di non vedere nulla e vuole intrattenersi con la prossima messinscena planetaria è libero di farlo. Inoltre non dipende da voi: certe cose (per non dire tutte) vengono decise da qualcosa che trascende la volontà personale.

Quello che voi potete fare è aprire la mente, dare il benvenuto a queste insolite (straordinarie, inspiegabili) possibilità che vi spingono verso l’Oltre, verso la destinazione ambita dagli esseri auto-liberati di tutti i tempi.

Il divario tra questi esseri e l’uomo comune è talmente ampio da non lasciare adito a nessun dubbio: la differenza la percepite al volo e voi potete propendere verso un lato (autoliberazione) o verso l’altro lato (incatenamento al mondo delle apparenze). Il che è come chiedere se preferite la sofferenza inutile o la liberazione dalla sofferenza inutile. Sembra una domanda retorica ma quasi tutti gli esseri umani stanno scegliendo la sofferenza inutile.

Comunque non c’è fretta.

L’Oltre ha una pazienza infinita e attende tutti: chi prima, chi dopo; chi volentieri, chi controvoglia; chi accompagnato con le buone maniere, chi trascinato con le brutte maniere; chi dopo il primo azzeramento, chi dopo il millesimo azzeramento.

(ZeRo)