AGGUATO A SE STESSI – Manuale di Autoliberazione – Ebook gratuito di ZeRo (testo + audiolibro)

Mi raccomando di provare tutti gli esercizi.

Se il manuale vi è piaciuto condividetelo liberamente.

Buon agguato a voi stessi.

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1 commento su “AGGUATO A SE STESSI – Manuale di Autoliberazione – Ebook gratuito di ZeRo (testo + audiolibro)”

  1. Anche Baston, nel suo sito – sciamanesimo.itt, descrive bene l’agguato a se stessi:
    L’agguato a se stessi riesce impeccabilmente quando viene messo in atto dal proprio corpo energetico. Non può essere pensato, deve scaturire dall’applicazione costante e coerente di nuove angolazioni del punto di unione.
    Le “angolazioni” del punto di unione non sono veri movimenti (tipo quelli che porterebbero ad allineare un nuovo mondo). Le sperimentiamo continuamente chiamandole stati d’animo ma nessuno ci ha mai detto un paio di cose. Che queste angolazioni sono guide per l’energia nella posizione ordinaria del punto di unione e che noi possiamo sceglierne la natura, l’intensità, la qualità.
    Se consideriamo le angolazioni come guide per l’energia nella posizione ordinaria del punto di unione viene da sè che la capacità di disciplinarle all’interno di una visione strategica porta alla capacità di rendere disponibile energia e usarla con finalità non ordinarie.
    I guerrieri utilizzano una serie di angolazioni che chiamano “principi o fondamenti dell’agguato”. L’amalgama coerente di questi fondamenti conduce alla follia controllata (chiaramente in contrapposizione a quella ordinaria, non controllata) e all’applicazione di una strategia in armonia con l’intento.

    La risultante dell’applicazione dei fondamenti dell’agguato, cioè la follia controllata, non può essere pensata. Eppure non è qualcosa che esula del nostro controllo; un guerriero è pienamente consapevole di ciò che fa nell’ambito della follia controllata, ne ha una esatta visione strategica. Per lui però questa è pura azione, eppure contiene elementi attinenti alla razionalità assoluta che coincidono con il luogo della non pietà (o luogo dell’efficacia). Questo è possibile perché l’agguato, nella sua accezione più moderna, ha una imprescindibile e totale armonia con il lato attivo dell’infinito.

    E’ quindi il caso esemplare in cui l’azione non corrisponde al linguaggio, corrisponde invece all’intento stesso. L’agguato a se stessi si attua in perfetta sintonia con l’intento come pura azione. Di fatto la follia controllata è prima di tutto l’unico modo per relazionarsi con se stessi in stato di consapevolezza intensa e l’agguato a se stessi diventa un atto reale solo quando ne abbiamo chiara la necessità. Cioè quando sappiamo senza ombra di dubbio che non possiamo sprecare neanche una briciola di energia o un attimo della nostra esistenza disponibile.

    Tutto il resto sono solo discorsi; vuoti movimenti nell’ambito del dialogo interno.

    C’è una manovra fondamentale che distingue un cacciatore. Per prima cosa egli contempla e “vede” la struttura della socialità. In accordo con l’intento e basandosi sui fondamenti dell’agguato sovrappongono la loro strategia a questa visione ricavandone una chiara linea d’azione. Lo fa eseguendo questa manovra molto speciale che costituisce il cuore stesso dell’agguato: i guerrieri usano la loro condizione di controllo e abbandono per lasciare che si liberi l’energia coinvolta negli aspetti sociali, poi fermano se stessi e usano la spinta prodotta da questa energia liberata per fare investire il punto di unione e quindi condurlo lungo una direzione totalmente nuova, libera dalla paura. E’ così che i cacciatori usano l’agguato per manovrare il punto di unione in modo molto controllato e sicuro.

    Agguato alla socialità
    Esiste una rete, anzi, una ragnatela in cui ogni essere umano si dibatte per tutta la vita; si chiama socialità e non lascia sopravvissuti.

    L’agguato alla socialità è la più complessa e raffinata applicazione dell’agguato in genere e a se stessi in particolare. E’ il vero banco di prova per un guerriero che anela alla libertà, perciò è impossibile in questo spazio darne un quadro totalizzante e che ne faccia comprendere tutte le implicazioni. quindi mi limito a segnare i punti fondamentali, i punti guida.

    Intanto si tratta dell’unica vera occasione per rendere di nuovo disponibile la nostra energia, per svincolarla dalle sue occupazioni ordinarie. Per farlo è indispensabile comprendere su cosa si fonda la struttura della socialità: la concentrazione su se stessi e l’indulgere, inteso in questo caso come indifferenza, disinteresse, pigrizia, ignavia, accettazione passiva dello stato di fatto.

    I toltechi sostituiscono la centralità dell’ego con la connessione con l’infinito e l’indifferenza con la manovrabilità del punto di unione. Ogni interazione sociale, anche la più trascurabile, diventa l’ambito in cui dispiegare il meglio delle attività magiche, intese come padronanza dell’attenzione.

    La prima cosa che un guerriero fa è lasciare liberi i propri simili, sospendendo il giudizio. Lo fa per essere libero lui stesso. Prendere parte alla catena del giudizio ha un costo elevatissimo: implica che noi stessi non possiamo essere liberi. Una volta compiuto questo atto rivoluzionario il guerriero può rivelare la simulazione sociale, abbandonare il suo personaggio e le sue preoccupazioni, per indossare la veste necessaria di volta in volta in relazione alla sua strategia. Così, infine, è possibile oltrepassare la frontiera del sentimento, quella tracciata dai sentimenti che ci contraddistinguono, che fanno da guardiani, impedendo lo sconfinamento in aree nuove, inesplorate. La rete sociale, per mezzo di un sistema di premi e punizioni legato alla concentrazione su se stessi, seleziona gli adatti guardiani con il nostro consenso. E’ a questo punto che possiamo liberare l’intento dagli impegni sociali che abbiamo preso nel corso della vita, vere e proprie linee di intento che hanno deciso “chi” siamo e cosa possiamo o non possiamo fare (io sono fatto così….). Questo atto è quello definitivo, ciò che determina la liberazione dell’attenzione e quindi dell’energia e dell’intendere impegnati nel sostentamento della nostra figura sociale.

    La quale cosa richiede, come conseguenza, l’applicazione della follia controllata.

    Salvaguardare l’energia
    Salvaguardare l’energia è la questione chiave del Nagualismo, anzi è la questione chiave della condizione umana. Alla fine è l’unica cosa che conta. Se abbiamo energia sufficiente ogni impresa diventa possibile. La questione quindi è come fare per evitare di disperderla.
    Il “segreto” in realtà è molto semplice e consiste in una differenza sostanziale tra le persone “comuni” e i guerrieri. Le persone comuni compiono ogni loro più piccolo atto (considerando atti anche i pensieri e i sentimenti) con lo scopo di confermare e rafforzare l’idea di se stessi e del mondo. Questo ha un costo energetico elevatissimo; noi non ci facciamo più caso, ma rimanere quello che siamo è faticosissimo, estenuante.
    I guerrieri al contrario compiono ogni loro più piccolo atto con lo scopo di salvaguardare la propria energia, anzi usano ogni loro azione per rendere disponibile l’energia dispersa.
    Semplice no?
    L’agguato è l’arte che permette di operare questo risparmio energetico, dunque non va sottovalutato. L’agguato è l’attività centrale dei moderni veggenti, ma è indispensabile che esso venga armonizzato per mezzo di una stretta relazione con l’intento. Inoltre tutte le attività legate alla pratica dell’agguato devono fondarsi e trarre la loro energia dalla lotta alla concentrazione su se stessi. La contrapposizione tra la nostra condizione di continua apprensione, il bisogno di ripetizione di noi stessi e invece la presenza costante dell’impersonalità astratta dell’intento è il solo modo per fare sì che l’agguato diventi veramente un’arte e non un’ulteriore manifestazione del proprio senso di importanza personale. In tale caso i guerrieri riescono a mettere in atto il comportamento tattico che viene definito come “follia controllata”.

    Il vero cambio nell’uso dell’energia disponibile ha origine dalla comprensione della nostra reale situazione. Infatti l’interpretazione del mondo e di noi stessi è così stabile grazie all’uso di veri e propri “rituali magici”. Questi rituali hanno la funzione di canalizzare la nostra attenzione puntandola in direzioni predeterminate dall’intento specifico del rituale stesso. Dato che l’attenzione funge da guida per l’energia si ottiene così anche la canalizzazione energetica relativa alla stabilizzazione del punto di unione.
    Ma in che cosa consistono questi rituali magici?
    Sono ciò che fai tutti i giorni. Sono le abitudini, specialmente i cicli interiori pensiero-sentimento-azione. E’ la fissazione su particolari insignificanti della realtà, cioè il modo abituale di con cui usiamo l’attenzione. E’ il considerare alcune cose importanti e molte altre no, dimenticando che in ogni atto che noi compiamo c’è in gioco la nostra energia disponibile. E’ il sottostare alla sequenza del dialogo interno. E’ indulgere nella ripetizione dei soliti sentimenti, di noi stessi…..e molto altro. Praticamente tutto ciò che fa di noi “esseri umani” o che noi crediamo ci renda tali.
    Nell’essere umano c’è molto di più, noi non facciamo altro che lottare contro la nostra natura per tutta la vita; infine, quando viene il momento di abbandonare la meraviglia del mondo, solo per un momento ci guardiamo intorno rendendoci conto dell’occasione perduta.

    Ricapitolazione
    La ricapitolazione è una delle chiavi fondamentali del Nagualismo. Sia Carlos Castaneda che Taisha Abelar ne parlano ampiamente nei loro libri, per cui io qui faccio solo un breve riassunto e poi ti fornisco alcuni suggerimenti pratici e indicazioni.
    Tengo a porre l’accento sul fatto che questa pratica è indispensabile, deve essere presa molto sul serio ed eseguita con continuità e dedizione. Lo dico perchè, dato che richiede disciplina molte persone cominciano a metterla in atto per poi abbandonarla o praticarla in modo assai superficiale. E’ invece fondante per tutte le altre attività del guerriero.
    La ricapitolazione sviluppa disciplina (appunto), genera sobrietà, offre infiniti spazi di libertà, guida verso movimenti efficaci del punto di unione. I moderni Toltechi la pongono al centro dell’agguato e quindi al centro del nagualismo. E’ uno dei migliori sistemi per acquisire la manovrabilità del punto di unione.

    Durante il corso della nostra esistenza perdiamo la compattezza delle fibre energetiche. Questo è dovuto principalmente all’interazione con i nostri simili, ma non solo. Ogni volta che si ha un’interazione, ma anche quando adottiamo una modalità d’intento per la nostra immagine (che poi reiteriamo per tutta la vita), si creano delle fratture, degli “spazi” tra le nostre fibre di energia. In questi spazi si infiltrano filamenti estranei, mentre i nostri restano “incastrati” nelle altre persone.
    Questa condizione è devastante sia sul piano energetico che su quello della vita quotidiana e vi deve essere posto rimedio al fine di modificare il proprio intento.
    La ricapitolazione permette di riacquisire la compattezza originaria e riporta al nostro corpo energetico la capacità di agire ed eseguire scelte definitive.
    Tieni presente fin da subito però che la ricapitolazione non è una tecnica di autoanalisi e il suo fine non è quello di risolvere dei traumi. Certamente la pratica della ricapitolazione ha tra le sue conseguenze anche quella di dare una nuova solidità alla nostra esistenza, ma questi sono solo effetti secondari. La ricapitolazione è un’atto strettamente energetico, ricordalo sempre.

    In cosa consiste. Per ritrovare la compattezza energetica c’è un solo modo: rimettere ogni cosa al suo posto. Per farlo i toltechi usano un particolare tipo di respirazione mentre rivivono gli accadimenti della loro esistenza, in particolare le interazioni con i propri simili. Se hai letto Carlos Castaneda sai già come si pratica, comunque….
    Serve un ambiente buio, silenzioso e chiuso. I guerrieri realizzano scatole o tende da ricapitolazione le cui pareti devono essere ad una distanza di 30-50 cm dal corpo. Una volta lì dentro inziano a richiamare il ricordo mentre eseguono la respirazione spazzante. Questa si attua portando la testa sulla spalla destra essendosi svuotati d’aria e poi inspirando lentamente portandola sulla spalla sinistra, infine si espira riportandola sulla spalla destra e così via. La respirazione deve essere lenta, profonda e solo dal naso.
    Il ricordo non si ottiene mentalmente, ma per mezzo dell’area della volontà. Ciò che fanno i guerrieri mentre ricapitolano è riportare il punto di unione nella esatta posizione in cui si trovava al momento dell’accadimento. In questo modo si rivive l’avvenimento ma con una posizione particolare, sia come protagonisti che come testimoni, mentre la respirazione guida il riassestamento delle fibre energetiche attraverso l’area della volontà.

    Ci sono diverse fasi e modalità di esecuzione della ricapitolazione e sul libro le troverai descritte nei dettagli. Il mio consiglio pratico è quello di cominciare eseguendo la ricapitolazione quotidiana, cioè praticata tutti i giorni, o ogni due, o settimanalmente, ma comunque in modo tale da mantenersi “riassestati” dal giorno in cui iniziamo a farla. Questo serve anche come allenamento per la ricapitolazione, per entrare nel ricordo totale, quello nel quale la volontà annulla il tempo e lo spazio.

    Esistono poi forme e applicazioni molto speciali della ricapitolazione, quali la ricapitolazione dei sentimenti personalizzanti, la ricapitolazione eseguita in accordo con elementi del mondo e quindi sfruttando la possibilità del movimento in parallelo del punto di unione o quella che sfrutta la capacità di aprire la linea del tempo.

    Il respiro spazzante poi può essere usato anche per ottenere risultati che esulano dalla ricapitolazione, come per esempio, quando la si usa per separare il lato destro e il lato sinistro.

    Tutte queste forme speciali però diventano veramente accessibili solo dopo che si è padroni delle modalità “normali” della ricapitolazione.

    La follia controllata
    La follia controllata è il nucleo centrale dell’agguato ma anche il risultato dell’applicazione dei fondamenti dell’agguato. Non è qualcosa che si possa apprendere e praticare basandosi su una strategia o una preparazione razionale, anche se sfrutta la ragione pura a suo vantaggio.

    La follia controllata è la conseguenza dell’armonia tra agguato e intento. Nasce dalla consapevolezza dell’esistenza e della manovrabilità del punto di unione, dalla consapevolezza che noi siamo la posizione del punto di unione. Ciò che noi siamo e il mondo in cui ci troviamo sono il risultato della posizione del punto di unione. Il problema è che nel nostro stato di consapevolezza ordinario noi siamo totalmente concentrati sugli effetti che questa posizione produce (ciò che proviamo, pensiamo e gli eventi cui prendiamo parte). Così non possiamo avere una visione totale e libera, ma solo parziale. Vediamo solo il pezzetto su cui siamo concentrati, la nostra attenzione è puntuale invece che estesa a tutto l’orizzonte.

    La follia controllata è l’unico modo per agire in stato di consapevolezza intensa. In questo stato la nostra attenzione abbraccia tutto, il totale e i dettagli e la mente ordinaria non può gestire questo tipo di visione. Se insistiamo a usare il modo normale di usare l’attenzione diventiamo incapaci di agire, persino di parlare. Abbiamo bisogno di un cambio di velocità legato al cambio nella modalità del tempo. Per farlo dobbiamo avere controllo e abbandono, pazienza e gentilezza, arrendevolezza all’intento. Allora possiamo cogliere la struttura che l’intento costruisce intorno a noi e agire con immediatezza in sintonia con esso ma al tempo stesso dirigendo il corso delle nostre azioni.

    La consapevolezza dell’esistenza del punto di unione e l’acquisizione della capacità di governarne il movimento nell’area definita dalle necessità dell’agguato, sono indispensabili ai fini della follia controllata. Per fare una sintesi essa si basa esattamente sulla possibilità di intervenire con strategia e consapevolezza sulla mobilità del punto di unione. A quel punto le azioni strategiche del guerriero non sono nè una forzatura, nè una finzione, ma il risultato di questo movimento o posizionamento volontario del punto di unione. Quando un guerriero raggiunge una determinata posizione il suo stato e le sue azioni sono vere, reali, ma al tempo stesso non hanno più il potere di inchiodarlo alla posizione stessa, perchè lui sa che sono solo l’effetto di quella determinata posizione. Sa che tutto cambia non appena ci si muove e questo è il suo vero potere, la forza della conoscenza che lo rende libero.

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